Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 29 novembre 2015

Invito alla Lettura. Henry Delassus: “L’Americanismo e la congiura anticristiana”

Mons. Delassus e l’americanismo

Monsignor Henry Delassus ha scritto un illuminante libro sull’americanismo (L’Américanisme et la Conjuration antichrétienne, Lilla-Parigi, Desclée De Brouwer, 1899, tr. it., L’Americanismo e la congiura anticristiana, Siena, Bernardino, 1903) che ci aiuta a capire l’attuale situazione religiosa e geopolitica - dominata dall’americanismo temporale e spirituale - prevista con lucidità dal prelato francese circa 100 anni or sono. L’editrice Effedieffe (Proceno di Viterbo) propone, per il Natale del 2015, la II edizione[1] ai lettori italiani.

Trama dell’opera

In quest’opera il prelato spiega che tra tutti i soggetti inquietanti del mondo attuale, sia in campo politico che religioso, l’America del nord non è dei minori. Infatti, ciò che la caratterizza è “l’audacia nelle imprese industriali e commerciali ed anche nei rapporti internazionali, calpestando essa tutte le leggi della civiltà cattolico-romana” (p. 47 dell’edizione Effedieffe). Purtroppo, tramite l’americanismo, gli Stati Uniti spingono la loro audacia anche nelle questioni religiose.

Il termine “cattolicesimo americano” o americanismo (condannato da Leone XIII nel 1889 con la Lettera Testem benevolentiae al cardinal Gibbons) non è l’etichetta di uno scisma o di un’eresia, esso è “un’insieme di tendenze dottrinali e pratiche, che hanno sede in America e che di lì si spargono nel mondo cristiano e specialmente in Europa” (p. 48). L’aspetto più preoccupante dell’americanismo è quello dei “suoi rapporti con le speranze e i progetti del giudaismo, specialmente con le tendenze anticristiane delle leggi del mondo moderno e della società americana, che aspira a possedere il monopolio del pensiero rivoluzionario” (p. 49). Infatti, “esiste una congiura anticristiana che lavora, tramite rivoluzioni e guerre, ad indebolire e, se fosse possibile, ad annichilire, le nazioni cattoliche, per dare l’egemonia a quelle protestanti, come l’America, la Germania e la Gran Bretagna” (nota n. 1, p. 49).

Uno degli «elementi distintivi della “Missione americana” è il ritorno all’unità di tutte le religioni, tramite la distruzione delle barriere e delle differenze, giungendo ad un Congresso della tolleranza internazionale delle religioni, per lottare unite contro l’ateismo» (p. 129). L’indifferentismo o la tolleranza per principio, cui tende l’americanismo, consiste nell’equiparare “tutte le religioni, come egualmente buone” (p. 83). “La cospirazione anticattolica penetra dappertutto, per distruggere – se fosse possibile – la Chiesa ed innalzare al suo posto l’israelitismo liberale e umanitario” (p. 84). “Tale cospirazione è diventata universale” (p. 85). “Tra spirito ebraico e americanista c’è un punto di contatto nei princìpi del 1789” (p. 85). “La presunzione o confidenza eccessiva in sé stessi è la caratteristica specifica dell’americanismo… e gli ebrei sperano di farne uscire l’israelitismo liberale e filantropico” (pp. 86), cioè la neo-religiosità dell’èra nuova.

Monsignor Henri Delassus (p. 87) spiega che il Magistero della Chiesa ha condannato tutti i falsi princìpi sui quali si fonda lo spirito americanista: i diritti dell’uomo (condannati da Pio VI); la libertà assoluta della persona umana, la libertà di pensiero, di stampa, di coscienza e di religione (da Gregorio XVI e Pio IX), il separatismo tra stato e Chiesa (da Leone XIII). Invece, per gli americanisti occorre basarsi sul “liberalismo largo o latitudinarista e sulla tolleranza dogmatica ad oltranza, evitando di parlare di tutto ciò che potrebbe dispiacere ai protestanti e alle altre religioni” (p. 87). Per la Chiesa di Roma “il cattolicesimo è la vera religione, mentre per gli americanisti è solo una religione tra tante” (p. 88).

Purtroppo l’ideale religioso e geopolitico americanista (circa cinquanta/settanta anni dopo la condanna di Leone XIII) si è realizzato
  1. spiritualmente – inizialmente e in maniera latente – nel Concilio Vaticano II e poi – compiutamente ed apertamente – ad Assisi nel 1986 ed infine – parossisticamente – con Francesco I e 
  2. temporalmente con il teo-conservatorismo statunitense (dei repubblicani conservatori Reagan, Bush padre e figlio, che è stato continuato in politica estera anche dal democratico progressista Barak Obama) giungendo nel 2015 con la crisi turco-russa al suo completamento radicale.
Infatti, «gli americanisti dicono che le idee ebraico/americane sono quelle che Dio vuole per tutti i popoli del nostro tempo. Ebraismo e americanismo credono di aver ricevuto una “missione divina” sul mondo intero. Purtroppo l’influenza dell’America con il suo spirito di libertà assoluta, si estende sempre di più tra le nazioni, di modo che l’America dominerà le altre nazioni» (p. 126). L’America sembra essere la “Nazione dell’Avvenire” (p. 128). Tuttavia – commenta il prelato – “se tale avvenire sarà quello dello sviluppo industriale e commerciale, sociale e politico, secondo i princìpi del 1789, ossia il progresso materiale e l’indipendenza assoluta dell’uomo da ogni autorità, anche divina; l’èra che vedremo sarà la più disastrosa mai conosciuta. In essa l’America distruggerà le tradizioni nazionali europee, per fonderle nell’unità o pax americana” (pp. 128-129). 

La base, o il minimo denominatore comune, di tale mistura di religioni, popoli, culture, è un moralismo sentimentale o “una vaga morale” (p. 129) soggettiva ed autonoma kantiana, “indipendente dal dogma, ove ognuno è libero d’interpretarla a modo suo” (p. 70). Essa si è realizzata, oggi, tramite l’unione tra teo-conservatori americanisti con il sionismo e alcuni elementi conservatori-liberali del cattolicesimo europeo, che si uniscono per difendere la vita, l’embrione, contro il materialismo ateo (cosa buona in sé), ma a discapito della specificità della purezza del dogma, della tradizione culturale di ogni nazione e delle differenze etniche (le quali, se non vanno esagerate non debbono neppure essere distrutte con l’offesa dei popoli, che hanno una loro peculiarità di lingua, cultura, mentalità e religione).

“Il movimento neo-cristiano o americanista, tende a liberarsi dal dogma per fondarsi sulla bellezza dell’etica” (p. 72), “a rimpiazzare la fede con una cultura o una sensibilità di morale autonoma e indipendente, in una vaga religiosità superiore a tutte le altre religioni positive” (p. 100).

Secondo la dottrina cattolica, “la fede senza le opere è morta” (s. Giacomo), ma “senza la fede non si può piacere a Dio” (s. Paolo). Quindi non bisogna disprezzare la morale, ma neppure ridurre la religione alla sola moralità, senza tener più conto dell’integrità dogmatica.

Monsignor Delassuss si spiega ancor meglio scrivendo che:

“Vi è un’intesa tra ebraismo e americanismo, per sostituire la religione cattolica con questa Chiesa ecumenista o mondialista, questa pseudo religione democratica, di cui l’Alleanza Israelita Universale prepara l’avvento” (p. 186).

L’americanismo è lo strumento del giudaismo liberale e filantropico-umanitario, il quale ha rimpiazzato la “fede” del giudaismo ortodosso (in un Messia personale e militante, che avrebbe ridato ad Israele il dominio sul mondo), con la “credenza umana” dell’ebraismo liberale (in un “messia idea”, ossia il mondo moderno, nato dall’Umanesimo, Protestantesimo e Illuminismo rivoluzionario, inglese, americano e francese, che farà cadere il mondo nel relativismo e nell’irenismo, i quali eroderanno il Credo cattolico e quel che resta ancora della Cristianità europea), “per condurre l’umanità, dolcemente, verso la Nuova Gerusalemme” (p. 105).

Lo spirito del “Mondo Nuovo” o dell’americanismo è caratterizzato (secondo Delassus) dai princìpi dell’89, che sono “l’indipendenza dell’uomo da ogni potere umano e anche divino” (p. 130), vale a dire i diritti (o il culto) dell’uomo e lo spodestamento di Dio e della sua Chiesa.

L’americanismo ha un duplice aspetto:

I) dal punto di vista politico è caratterizzato da un certo cosmopolitismo, che porta al mondialismo ed alla globalizzazione, le quali infiltrandosi in ogni nazione la corrompono per dominarla. Tale “regno o repubblica universale” è il sogno dell’Alleanza Israelita Universale, “centro, focolaio e vincolo della congiura anticristiana, alla quale l’americanismo porta un appoggio considerevole”. Il giudaismo talmudico si basa sulla lettura materiale (più che letterale) delle profezie del Vecchio Testamento.

Delassus scrive:

“Leggete queste profezie nel significato materiale-terreno e vi troverete la risposta all’enigma, la spiegazione dell’attività febbrile giudaica, il sogno dell’ebraismo. Esso si crede, ancor oggi, il popolo destinato da Dio a dominare, materialmente e temporalmente, su tutte le nazioni… tramite la finanza, le banche, la stampa e i mezzi di comunicazione [o di distruzione] di massa” (pp. 55).

Mentre a Roma il 29 giugno del 1869 si apriva il Concilio Vaticano I, a Leipzig si tenne un Concilio del giudaismo, il quale asseriva che “la realizzazione dei princìpi della modernità è la più grande garanzia per il presente e per il futuro del giudaismo” (p. 55). Purtroppo, continua il prelato francese, “due fenomeni sono sotto i nostri occhi: la preponderanza crescente del popolo ebraico e la tristissima crisi della Cristianità” (p. 56).

Il punto d’incontro tra giudaismo e americanismo, va ricercato nei princìpi rivoluzionari del 1789, e particolarmente in due tesi: “1°) Che tutte le nazioni rinuncino all’amor di Patria e si fondino in una repubblica universale; 2°) che gli uomini rinuncino, egualmente, ad ogni particolarità religiosa, per confondersi in una stessa vaga religiosità” (p. 57). Questi ideali sono portati avanti dall’Alleanza Israelitica Universale, fondata nel 1860 dall’ebreo e massone Adolfo Crémieux, gran maestro del Grande Oriente di Francia. Tale Alleanza “non era soltanto un’internazionale ebraica, essa mirava più in alto: essere un’associazione aperta a tutti gli uomini, senza distinzione di nazionalità, né di religione, sotto l’alta direzione d’Israele… Essa vuol penetrare in tutte le religioni, come è già penetrata in tutti i paesi e far cadere le barriere, che separano ciò che un giorno dovrà essere unito in una comune indifferenza” (pp. 57-58).

Il prelato s’interroga: “Cosa significa penetrare in una religione? Soprattutto introdurvi le proprie idee. Il giudaismo cerca d’infiltrare le sue idee nella Chiesa cattolica? Sì, i suoi rappresentanti lo asseriscono” (p. 58).

Le forze politiche di cui si serve il giudaismo liberale, filantropico e massonico sono:
  1. la democrazia;
  2. la libertà come valore assoluto;
  3. il cambiamento radicale (cfr., p. 112).
Questo cambiamento radicale riguarda anche la vita spirituale, prefiggendosi il primato dell’azione sulla contemplazione. L’esaltazione dell’iniziativa individuale (propria del liberismo puritano americano), con un’eccessiva fiducia in sé stessi (cfr., pp. 113-114). Il Benessere fisico e corporale (diverso dal benessere comune temporale), come “trasfigurazione del corpo” (p. 114). Il “sensismo empirista inglese, come radicale antimetafisica ed anticristianesimo”.

Delassus costata che oramai i nuovi cristiani americanisti, assieme agli ebrei liberali e umanitari, “aspirano ad un Messia che non è Gesù Cristo e neppure il messia militante personale dell’ebraismo ortodosso, ma un’idea di Benessere materiale e corporale che renderà l’uomo felice e ricco su questa terra” (p. 117). Tale Benessere (con la maiuscola), consiste non nel possedere il necessario o il conveniente, ma nel “superfluo”. I fedeli di questa nuova religiosità non vanno contrariati, bisogna dar loro sempre ragione, seguire la corrente, dir loro ciò che piace ed appaga i sensi (cfr., p. 160). 

II) Dal punto di vista religioso: l’americanismo si serve dell’esoterismo, del massonismo e dell’ecumenismo per infiltrare la religione cattolica e – se fosse possibile – distruggerla.  “La massoneria ha le stesse pretese e le esprime con le stesse parole” (p. 59). Il giudaismo liberale è ancora più chiaro, quando dice che bisogna tendere verso “una nuova Gerusalemme, la quale deve sostituire Roma… La stirpe ebraica vuole stabilire il suo regno sul mondo intero, nell’ordine temporale e in quello spirituale” (p. 59). Anche l’americanismo si serve delle società segrete per ottenere i suoi scopi (cfr., p. 60) per rovinare le Patrie e la religione. La nuova “repubblica universale sarà governata dal popolo ebraico, unica vera genìa cosmopolita, apolide ed universale” (p. 60). Ed infine “dall’anticristo, supremo dittatore divenuto l’unica deità di questo nuovo mondo” (p. 64).

Gli Stati Uniti hanno il triste “privilegio di distruggere le tradizioni e le specificità nazionali e religiose europee, per fonderle nell’unità americana” (p. 64). L’americanismo vuol sostituire la polemica (polemikòs = attinente alla disputa dottrinale) con l’irenica (eirenikòs = che riguarda il pacifismo, la tolleranza e la conciliazione ad oltranza). L’americanismo è “assolutamente convinto, che gli Stati Uniti sono predestinati a produrre uno stato sociale, superiore a quello che si è vissuto sino ad ora” (p. 130).

L’altro pilastro su cui si basa l’americanismo è l’ecumenismo. Monsignor Delassus (p. 104) ci informa che a Chicago, tra l’11 e il 28 settembre del 1893, si svolse un Congresso o Concilio ecumenista di tutte le religioni (tranne la cattolica). In tale conciliabolo si stabilì che “la Chiesa cattolica dovesse fare le concessioni più generose verso le altre religioni” (p. 105); naturalmente Roma condannò. Tuttavia, non si può non notare come nel 1962-1965 tali idee americaniste siano penetrate anche in ambiente cattolico durante il Concilio Vaticano II, il quale ha avuto come scopo principale il “dialogo col mondo moderno” che è il medesimo che animò il  Congresso di Chicago del 1893 e il Concilio del giudaismo tenutosi a Leipzig nel 1869, il quale asseriva che “la realizzazione dei princìpi della modernità è la più grande garanzia per il presente e per il futuro del giudaismo” (p. 55).
Insomma si sarebbe voluto, già nel 1893 al congresso do Chicago, “riunire i preti e i ministri dei culti più diversi, per associarli in una preghiera comune” (p. 108), naturalmente senza cadere (non si sa come) nell’indifferentismo (proprio come ad Assisi nel 1986). Tale congresso di Chicago è definito dal Delassus “vero concilio ecumenico dei tempi nuovi” (p. 109); le analogie con il Vaticano II sono, purtroppo, oggettive ed impressionanti.

Il Delassus concludendo il suo studio sull’americanismo lo definisce con poche ma efficaci espressioni: “Compromesso con l’incredulità, concessioni all’errore, mutilazione del dogma, attenuazione del soprannaturale e facilismo o faciloneria di ogni specie”. E propone quindi il rimedio a tanto male:

“Evitare lo scoraggiamento, come attitudine di coloro che sanno e conoscono la realtà, ma non hanno il coraggio di reagire. (…) Dunque mai incrociare le mani, rinunciando alla lotta; anzi occorre impiegarle per la preghiera, la penitenza e l’azione culturale e dottrinale con conseguenze pratiche concrete (…). Occorre essere circospetti per non prestare, neppure involontariamente, aiuto al giudeo-americanismo. Quindi, non predicare il Benessere come fine ultimo, … il successo in questo mondo, … la trasfigurazione del corpo umano, … la preoccupazione disordinata degli interessi umani, … l’abolizione delle barriere tra religioni e culture, … la cessazione della polemica per sostituirle l’irenica, … l’annacquamento del dogma a favore di una moralità soggettiva, … la conciliazione tra lo spirito di Cristo e quello del mondo” (pp. 153-156). 

I progressi dell’Americanismo con papa Bergoglio

Francesco I, in un’intervista, ha risposto a Eugenio Scalfari: “Il Vaticano II, ispirato da papa Giovanni e da Paolo VI, decise di guardare al futuro con spirito moderno e di aprire alla cultura moderna. I padri conciliari sapevano che aprire alla cultura moderna significava ecumenismo religioso e dialogo con i non credenti. Dopo di allora fu fatto molto poco in quella direzione. Io ho l’umiltà e l’ambizione di volerlo fare” (Repubblica, 1° ottobre 2013, pag. 3).

Secondo lui occorre dare “la priorità all’incontro tra le persone, al camminare assieme. Così facendo, dopo sarà più facile abbandonare le differenze” (Jorge Bergoglio. Papa Francesco. Il nuovo Papa si racconta, Salani, 2013, p. 76). Infatti secondo Bergoglio è bene “non perdersi in vuote riflessioni teologiche” (p. 39). Non solo, dunque, primato dell’azione, ma disprezzo della riflessione e della speculazione teologica. Il dialogo e l’incontro personale valgono per tutti, ebrei, musulmani ed anche per i “tradizionalisti”, se pronti ad “incontrarsi, a camminare assieme”; il resto verrà da sé, le diversità pian piano si addolciranno. Bergoglio suole ripetere: “è il tempo a farci maturare. Bisogna lasciare che il tempo modelli e amalgami le nostre vite” (p. 65).

Il motto di papa Bergoglio è “qualsiasi forma di mancato incontro è per me un motivo di profondo dolore” (p. 110), perciò quando “mi domandano un orientamento, la mia risposta è sempre la stessa: dialogo, dialogo, dialogo…” (p. 111).

Quindi occorre saper sfumare e far le dovute differenze nella personalità di Bergoglio, poiché in lui vi è anche un lato abbastanza nascosto ma reale di “estetismo liturgico tradizionale” alla Romano Guardini, ed egli non disprezzerà, come Montini, la Messa detta di San Pio V, purché non si obietti troppo e pubblicamente sulla ortodossia del Novus Ordo Missae di Paolo VI; l’importante è non far teologia, ma camminare assieme.

Così il modernismo americanista, che oramai ha occupato l’apice dell’ambiente cattolico ed ecclesiale, chiede ai cattolici fedeli alla Tradizione di agire uniti per vincere il materialismo, l’ateismo. Così, alcuni cattolici, fedeli e in buona fede, si lasciano convincere e agendo assieme ai modernisti finiscono per essere mangiati da loro, come “il pesce più piccolo è divorato da quello più grande”.

L’aggiornamento americanista alla modernità

Il risultato di tale adattamento alla modernità è stato catastrofico anche in ambiente ecclesiastico. Basta non voler chiudere gli occhi sulla situazione di degrado dottrinale e morale in cui versano gli uomini di Chiesa o la Chiesa nella sua componente umana e la mancanza di credito di cui è oggetto oggi il cattolicesimo. Quindi il rimedio per uscire da tali flagelli è il seguente: il ritorno alle vere fonti del cristianesimo, la patristica integrata e ultimata dalla scolastica, sotto la guida del magistero della Chiesa. Pertanto occorre rivalutare
  1. il valore della ragione umana, che se non può conoscere tutto di ogni cosa può nondimeno giungere a conoscere con certezza l’essenza delle cose e perciò rappresenta l’ancora di salvezza nel mare del dubbio universale;
  2. il valore perenne della sana filosofia scolastica e specialmente tomistica, fondata sui princìpi primi e per sé noti. Solo una retta ragione e volontà illuminata e rafforzata dalla fede e carità soprannaturali potranno risolvere i problemi dell’uomo contemporaneo. Non è affogando assieme che si salva un bagnante in difficoltà, ma occorre prima portarlo in salvo dai flutti per poterlo poi rianimare.
L’attuale situazione della Chiesa è un vero tormento e non ci deve portare a disprezzare la figura del Papa in quanto tale né il Papato, anzi dobbiamo difenderli quando sono attaccati da coloro (v. Dichiarazione dell’ONU del 5 febbraio 2014) che li odiano in quanto tali, nonostante le edulcorazioni e gli annacquamenti che sono stati apportati per rendersi simpatici all’uomo contemporaneo (“quando il sale diventa insipido viene buttato via e calpestato”). Nello stesso tempo è lecito mostrare con rispetto le divergenze tra la Tradizione costante della Chiesa e l’insegnamento pastorale oggettivamente innovatore, senza pretendere con ciò di poter salvare la Chiesa.

Raccomando vivamente lo studio illuminante di questo libro di Henri Delassus, che ci aiuterà a capire ciò che sta avvenendo sotto i nostri occhi sia da un punto di vista geopolitico (il mondialismo, la globalizzazione, l’invasione dell’Europa e la formazione del nuovo ordine mondiale) sia da un punto di vista religioso (il pan-ecumenismo di Assisi 1986 e “l’ONU di tutte le religioni” lanciato da Francesco I nel 2015).  

Che Dio ci aiuti a mantenere la vera fede integra e pura, senza deviare per eccesso o per difetto.
d. Curzio Nitoglia
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1. 280 pagine, 16 euro. Si può richiedere a www.effedieffeshop.com

5 commenti:

irina ha detto...

E' un conforto vedere articolati, in modo semplce e chiaro, i pensieri che hanno cambiato e stanno cambiando il mondo, nei quali e nel quale noi siamo dentro come cavie inconsapevoli che, di tanto in tanto, hanno un barlume della loro cattività.
Grazie.

Anonimo ha detto...

Della stessa editrice e dello stesso autore ricordare anche "Il problema dell'ora presente", in due volumi.

lorenzo l. ha detto...

Purtroppo per noi, stiamo assistendo alla realizzazione di quanto scritto; ogni giorno, affermazione pubblica dopo affermazione pubblica, sotto la "pelle" dell'umanesimo,della pace, della filantropia,della fratellanza dell'ecumenismo ci stanno trasformando in un qualcosa che non è più cattolico ...!

Anonimo ha detto...

Une anthologie du « magistère » du pape François
http://www.dominicainsavrille.fr/une-anthologie-du-magistere-du-pape-francois/#more-3876

mic ha detto...

Fa il paio con il punto vendita on line del Corriere:

http://store.corriere.it/religioni/le-parole-di-papa-francesco/cECsEWcVifsAAAFJjzZq0Pb9/ct