Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 23 aprile 2012

Ispirazione e verità della Sacra Scrittura e confusione delle "due fonti".

La Santa Sede si sta occupando della richiesta di chiarimenti sulla dottrina della inerranza biblica fatta dal Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, nell'ottobre 2008. La Pontificia Commissione Biblica ha tenuto la sua sessione plenaria annuale della scorsa settimana, dal 16 al 21 aprile, nella Domus Sanctae Marthae nella Città del Vaticano, sotto la presidenza del cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Lo studio è ancora nella sua prima fase, nella quale si sta focalizzando il modo in cui l'ispirazione e la verità intervengono nella Sacra Scrittura. Ogni partecipante alla sessione ha presentato una relazione che è stata discussa da tutta l'assemblea. 
Il Santo Padre, il 18 aprile scorso ha rivolto un messaggio alla sessione plenaria della Commissione, nel quale ribadisce i temi espressi in quello precedente del 2011: 
[...] Per il carisma dell’ispirazione i libri della Sacra Scrittura hanno una forza di appello diretto e concreto. Ma la Parola di Dio non resta confinata nello scritto. Se, infatti, l’atto della Rivelazione si è concluso con la morte dell’ultimo Apostolo, la Parola rivelata ha continuato ad essere annunciata e interpretata dalla viva Tradizione della Chiesa. Per questa ragione la Parola di Dio fissata nei testi sacri non è un deposito inerte all’interno della Chiesa ma diventa regola suprema della sua fede e potenza di vita. La Tradizione che trae origine dagli Apostoli progredisce con l’assistenza dello Spirito Santo e cresce con la riflessione e lo studio dei credenti, con l’esperienza personale di vita spirituale e la predicazione dei Vescovi (cfr Dei Verbum, 8. 21).[...] 
Questa affermazione mi appare problematica perché, se è vero che la Parola non è un deposito inerte - tenendo conto che il termine deposito (Depositum fidei) si è sempre riferito all'intero patrimonio delle verità di fede costituito non solo dalla Parola (Scrittura) ma anche dalla Tradizione - è altrettanto vero che nemmeno la Tradizione è un deposito inerte, perché è proprio della sua natura essere inverata in ogni generazione. Tuttavia, se intendiamo che la Tradizione progredisce, quindi è soggetta ad evoluzione, in modo che non possiamo attribuire ad essa un significato oggettivo, e  così facciamo dipendere dal suo senso modificabile e incostante il principio-guida per la fede stessa, ci troviamo nella mentalità liberale del 'laboratorio permanente': non possiamo esser certi di nulla, tutto si evolve.

Invece, ciò che può cambiare e cambia, perché è parte del processo di maturazione e approfondimento che appartiene ad una fede 'viva', non è il dono divino del deposito della fede, né l'oggetto della Tradizione, ma la comprensione di quel dono da parte di ogni credente favorita dallo studio teologico ripreso e confermato dai Pastori. È questa comprensione che può essere arricchita e approfondita grazie alla vita di fede nella Chiesa. Ciò che è essenziale, da parte di chi riceve questo dono della Rivelazione, si tratti del semplice fedele o della Chiesa-docente, è rispettare e custodire il senso originario del significato che è immutabile - com'è immutabile il Signore, che è lo stesso ieri oggi e sempre - e vale per tutti i tempi. Parte del problema è che oggi la Chiesa da docente si è trasformata in dialogante.

Dunque, se è non solo lecito ma anche doveroso rileggere la Tradizione nel presente, per meglio comprendere e approfondire ciò che nel passato è stato detto dagli Apostoli, ciò che penso non sia lecito è piegare l'insegnamento degli Apostoli alle filosofie moderne immanentiste e moderniste, che lo snaturano e con esso sono inconciliabili.

Ritengo utile estrarre da una precedente discussione proprio un riferimento al Sinodo del 2008, che riprendo anche per stigmatizzare l'enfasi che viene data sempre più alla Parola, piuttosto che all'Eucaristia. Poi, di seguito, riporto alcune affermazioni di Mons. Gherardini proprio sul tema dell'inerranza, in via di approfondimento da parte della Commissione Biblica.

Scrive con amarezza Marco Marchesini: Dopo aver letto queste affermazioni davvero non so cosa pensare: Il sinodo dei Vescovi, XII Assemblea Generale ordinaria La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa - Instrumentum Laboris - Città del Vaticano 2008:
n.15, c.3- quantunque la Sacra Scrittura sia ispirata in tutte le sue parti *la sua inerranza si riferisce solo alla «verità che Dio per la nostra salvezza volle fosse consegnata nelle sacre lettere» (DV 11)..*
Rispondo:
Caro Marco come meravigliarsi di simili “approdi” se a proposito di Parola di Dio e del nostro contendere, a quell'Assise ha partecipato, in qualità di esperto nominato dal Papa, il “priore” di Bose Enzo Bianchi? Ecco un brano della sua conferenza, pronunciata davanti alla Chiesa-docente, ai Vescovi riuniti, in attento e forse anche ammirato (!?) ascolto (sta di fatto che nessun vescovo ha mai avuto nulla da obiettare. Viceversa, lo ha fatto un filosofo come Livi - vedi anche):
[...] Il proemio della Dei Verbum, in effetti, fin dall’incipit mostra la sua novità rivoluzionaria: “Dei Verbum religiose audiens et fidenter proclamans, Sacrosancta Synodus verbis s. Joannis obsequitur dicentis…” (“In religioso ascolto della Parola di Dio e proclamandola con ferma fiducia, il sacro Concilio aderisce alle parole di s. Giovanni il quale dice…”). Il proemio presenta il Concilio che parla di se stesso, che svela la sua autocoscienza e si pone come esempio per quel “popolo degli ascoltanti della Parola” (Karl Rahner) che sono chiamati a essere i cristiani. La centralità – così biblica – dell’audire, dell’ascolto, che caratterizza la postura del Concilio e dunque della Chiesa, è decisamente innovativa. In questo testo si afferma che la Chiesa esiste in quanto serva della Parola di Dio, sotto la Parola di Dio, nel doppio movimento di ascolto e di annuncio della Parola di Dio: “è come se l’intera vita della Chiesa fosse raccolta in questo ascolto da cui solamente può procedere ogni suo atto di parola” (Joseph Ratzinger). Per essere ecclesia docens, la Chiesa deve essere ecclesia audiens: per avere una Parola da insegnare, la Chiesa deve prima averla ascoltata.”
In questo più che una novità vedrei un'involuzione: non è altro che lo “shemà Israel” di conio prettamente veterotestamentario, mentre invece quella Parola è diventata carne in Gesù Signore ed è di Lui che la Chiesa è portatrice e da Lui è cristificata e cristificante svolgendo la sua funzione principale, che è quella di offrire ogni giorno il Santo Sacrificio e nutrendosene. È questa la centralità! L'ascolto è solo un aspetto, una conseguenza e nel contempo una necessità. Ma, mentre la Parola è mediata dal testo, nell'Eucaristia c'è una Presenza Reale, concreta non mediata e c'è un'Actio diretta divino-umana di Cristo Signore, rivolta al Padre ed ai communicantes: i fedeli che partecipano insieme a tutta la Comunione dei Santi. C'è qualcosa di ben altro e di ben oltre rispetto a Mosè e ai Profeti...

Nel seguito della conferenza del nostro “priore”, c'è anche proclamata “la salvezza per tutti”:
“La citazione del prologo della Prima lettera di Giovanni (1Gv 1,2-3) annuncia il tema centrale e la parola chiave della Dei Verbum e dell’intero Concilio: comunione. Comunione che scaturisce dalla comunicazione che Dio, il Dio trinitario (DV 2), cioè il Dio che è comunione nel suo stesso essere, fa della sua vita agli uomini e che si manifesta pienamente in Cristo. Questa comunicazione non è dottrinale, ma vitale; avviene nella storia, ha come forma e centro il Cristo, come destinatario il mondo intero e come fine la salvezza dell’uomo. La dimensione storica e salvifica della rivelazione, la sua dimensione cristocentrica, la sua estensione universale sono qui ricordate in poche frasi che bastano per indicare il ribaltamento di prospettiva rispetto all’impostazione teologica apologetica e deduttivistica precedentemente in auge nella Chiesa.”
Non mi pronuncio sull'“impostazione teologica apologetica e deduttivistica”... Certo che c'è il ribaltamento di prospettiva! Ma quanto tremendamente distruttivo di ogni verità perenne! E non posso far a meno di ricordare il Prologo di Giovanni, che dice: “...a coloro che l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio, i quali... da Dio sono stati generati (nel Figlio)” e non mi pare si riferisca a tutto il genere umano. Infatti, se il Signore è venuto per tutti, la Salvezza non prescinde dalla personale risposta del credente, a prescindere dal foro interno di ogni uomo, che solo il Signore giudica.

Specificamente sull'inerranza riporto i seguenti riferimenti di Mons. Gheradini:
[...] Per non incorrere nel pericolo d'interpretazioni soggettive ai danni della Sacra Scrittura che, proprio perché tale e come tale affidata alla Chiesa, sfugge nettamente ai limiti del soggetto, m'affido ai criteri più volte determinati dal Magistero ecclesiastico, nonché alla sua dottrina. Ciò non comporta un'adesione indiscussa a tutto quanto si legge nella Dei Verbum del Vaticano II, sia perché ciò che di dogmatico il Vaticano II espose, appartiene per sua stessa confessione al magistero precedente, sia perché alcune novità della Dei Verbum lascian alquanto insoddisfatti. Essa, pur senza dichiararlo esplicitamente, rinunzia di fatto alla dottrina classica dell'assoluta inerranza biblica e limita l'inerranza stessa alla sola “verità salutare”(18).
Se si pensa che l'inerranza assoluta della Sacra Scrittura non è soltanto una tra le varie premesse d'ogni lavoro esegetico, ma è anche una verità della fede cattolica, a più riprese almeno implicitamente confermata dal Magistero ecclesiastico e dalla tradizione scolastica(19), s'intravede per quale motivo abbia poco sopra definito non soddisfacenti alcune novità della Dei Verbum; esse suscitano - a dir il vero - non poche perplessità. Per uscire dalle quali, sarà bene che l'esegeta cattolico si lasci guidare dai capisaldi del Magistero, in special modo dalla Providentissimus Deus di Leone XIII e dalla Divino afflante Spiritu di Pio XII: l'una infatti stabilisce un'esatta nozione d'ispirazione biblica, nozione che chiamerei teologica in quanto ripugna alla dissociazione della fede dall'ispirazione stessa e dall'inerranza; l'altra mette in evidenza e richiama la varietà dei generi letterari presenti nella Scrittura, le regole per la loro interpretazione ed il senso letterale che ne discende(20).
La tendenza odierna è, invece, per il superamento dei due accennati capisaldi, dando, proprio per questo, la fondata impressione di staccarsi direttamente dall'ambito autenticamente cattolico. Si tratta d'un ambito determinato non da scelte soggettive, ma dalla fedeltà alla linea segnalata dal Magistero. A tale linea è certamente fedele il Vaticano II, specie con la sua formulazione d'un criterio indiscutibile: “in lumine fidei - sub Ecclesiae Magisterii ductu”21. Questo, e non la tendenza sopra accennata, sarà dunque anche il mio criterio. [stralcio dal testo: Sugli ebrei così serenamente]
Inserirò domani una mia precedente riflessione, che completa altri aspetti di questo discorso.

41 commenti:

Dante Pastorelli ha detto...

I lavori della Pontificia Commissione biblica lasciano il tempo che trovano, non essendo più questa (una volta lo era) organo del magistero.
Contro l'inerranza ridotta solo ai brani in cui si presenta la "verità salutare" s'ergono la grande teologia, i Padri, il Magistero ininterrotto ed il parere di grandi esegeti recenti(tra gli altri il card. Florit ed il battagliero mons. Spadafora, di cui è consigliabile leggere nel Dizionario Biblico la voce Ispirazione in cui s'inserisce anche la voce Inerranza).
Il problema degli "errori" viene superato con lo studio attento del linguaggio e del genere letterario.
Tutta la Sacra Scrittura è ispirata, cioè scritta da Dio che però si serve di uomini che usano il linguaggio, gli ornamenti letterari, le concezioni scientifiche del tempo.
Anche noi ogni giorno sbagliamo a dire: il sole non è ancora sorto, ma sappiamo benissimo che non è il sole che si muove.
L'inerranza assoluta è dogma come attestato dall'Enhridion biblicum, 433

Anonimo ha detto...

Riporto anche qui, perché pertinente con la citazione, il commento di Emanuele Petrini, postato poco fa su un altro thread:
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Mi interrogo spesso su come mai le parole di Enzo Bianchi (come anche quelle di molti altri) mi fanno respirare quel senso di libertà e fratellanza che sento quando leggo le parole di Gesù scritte nei Vangeli. E sul senso di oppressione, di buio, di sottomissione che invece ritrovo in alcune parole delle gerarchie della chiesa. Io sono figlio e non schiavo, e come figlio ascolto, rifletto e scelgo assumendomi le responsabilità di questo. Come fanno alcuni a non capire che è definitivamente finito il tempo dell'"è così e basta" ma che serve un percorso per vivere l'amore e non obbligare ai dogmi. Spirito di libertà illumina le nostre menti!

Serafino ha detto...

MA SE RAVASI SI è FATTO BACCHETTARE DA UN PROTESTANTE, POICHè ha scritto di NON CREDERE alla storicità del caso di Ananania e Saffira, narrato negli Atti?
Cosa ci si può attendere?
E poi vi meravigliate se, tale protestante, che non è addentro ai nostri distinguo, che, buon per lui, continua a credere ai principi di identità e non contraddizione, si convince che le esegesi fatte da Ravasi NON sono opinioni personali, ma che parla a nome della Chiesa?

Dante Pastorelli ha detto...

La Chiesa, custode per volontà di Cristo del Depopsito della Fede e dei sacramenti salvifici, insegna e propone non obbliga nessuno a credere.
L'uomo, quindi, può aderire con la volontà e l'intelletto alla Verità rivelata, alla sacra Tradizione, al Magistero della Chiesa o meno. La sua libertà consiste in questo. E' questo l'esercizio del libero arbitrio. Il libero abitrio ci fa scegliere il bene o il male. Di questo siamo responsabili.
Possiamo, dunque, scegliere anche quello che la Chiesa definisce, ed è indiscutibilmente, male alla luce delle fonti della Rivelazione, del Deposito della Fede. Ma la scelta del male non può definirsi vera libertà, perché diventa schiavitù del male. La vera libertà sta nell'abbandonarsi fiduciosamente a Dio.
Se la Chiesa non continuasse a predicare la differenza tra bene e male verrebbe meno la sua missione e lo scopo stesso della sua esistenza, il che non può darsi, anche se i singoli uomini di Chiesa posson errare anche nella dottrina.
L'amore vero, cioè la carità, amore per Dio che si riflette anche sul prossimo, amici e nemici, implica la rinuncia al male: nel Battesimo si chiede infatti: "Rinunci a Satana?". Lo spirito di libertà che conduce a ribellarsi alla Verità è spirito di ribellione a Dio, spirito di schiavitù di Satana. Essere figli di Dio non significa che possiamo rifiutare la sua legge, la legge divino-naturale insita in ogni uomo, codificata dalle Scritture e custodita dalla Chiesa. L'amore per Dio e l'obbedienza alla sua legge sono la via unica della salvezza attraverso Cristo.
La libertà di cui parla PETRINI è la falsa libertà, la libertà di sostituirsi alla Chiesa e perciò stesso a Dio. Insomma la libertà di dannarsi.
E nella sostanza è questa la perniciosa conseguenza della predicazione di falsi profeti.

don Camillo ha detto...

C'è un problema a monte non piccolo, che molti non considerano: quale è la Parola di Dio che il cattolico deve ritenere autentica?
e mi riferisco alle versioni della Sacra Scrittura nelle sue traduzioni (o tradimenti).

La vulgata sisto-clementina (che costituisce le Lezioni del Messale Romano Tridentino?

La Neo-vulgata che è una "correzione" non solo formale della Vulgata?

per non parlare in modo specifico delle versioni delle "edizioni critiche" del Nuovo Testamento. (11ª ed. MERK; 26ª ed. Nestle-Aland; 27ª ed. Nestle-Aland, 2ª ed. BARBAGLIO, ecc)

Mi ricordo un colloquio avuto due anni fa in un paese mediorientale con uno stimatissimo Iman mio amico. Gli chiesi in modo un po' provocatorio, ma me lo potevo permettere per l'amicizia che ci legava, quando si sarebbero decisi a fare un'edizione critica del Corano, mi rispose in modo secco e dispiaciuto: MAI!!! e poi con il dito puntato mi disse: con la vostra pretesa di mettere in discussione il vostro testo sacro (la Parola di Dio) avete distrutto la vostra religione.

almeno così spero che lo si legga ha detto...

----- Original Message -----
From:
Sent: Monday, April 23, 2012 9:39 AM
Subject: Doverosa Rettifica (era:vi voglio mettere a conoscenza)
SECONDO INVIO (Mi scuso con coloro che lo dovessero, eventualmente, ricevere
in doppia copia)

> Ragazzi/e,
Ragazzi/e,
buona e santa festa di San Giorgio, Martire & Cavaliere (se il "nuovo
corso" si fosse limitato a declassare la festa di oggi, già solo in ciò, vi
sarebbe stata materia sufficiente per, non dico dubitarne della bontà, ma
almeno per borbottare!).
La cara e gentilissima gerente del sito
http://chiesaepostconcilio.blogspot.it , mi ha comunicato che non ha
affatto censurato quel mio testo, ma, semplicemente, non gli era mai giunto.
Nel caso lo avesse ricevuto, non vede perchè non avrebbe dovuto reputarlo
pubblicabile. Ne prendo e ne do atto. Comunque, faccio presente a voi ed a
lei che, ribadisco:
a) se anche avesse scelto di non pubblicarlo (o non ancora) ERA UN SUO
DIRITTO;
b) se anche avesse scelto di non pubblicarlo (o non ancora), ciò un avrebbe
inciso di "Uno jota o di un apice" sul giudizio che ho espresso riguardo
tale sito. Ovvero che mi sembra di aver trovato, in tutto il panorama del
WEB Tradizionalista italiano, quello, le cui impostazione vertono sui gusti,
i disgusti e le indifferenze meno lontane dalle mie sensibilità.
Tanto dovevo.
DIO ci benedica
vostro
UomchenonfuMAI

Dave ha detto...

Don Camillo le risposte alle sue domande sono nell'enciclica Divino afflante Spiritu al capitolo II - LO STUDIO DELLA S. SCRITTURA AI NOSTRI TEMPI... ecco perchè le edizioni critiche sono importanti.

http://www.vatican.va/holy_father/pius_xii/encyclicals/documents/hf_p-xii_enc_30091943_divino-afflante-spiritu_it.html

Anonimo ha detto...

Caro Rafminimi,
se vuoi veder pubblicato il tuo testo me lo devi per favore rinviare.

Effettivamente era finito nello spam, insieme ad un post di Alessandro M.
Li avevo selezionati per pubblicarli entrambi; ma purtroppo credevo di scegliere l'opzione "pubblica" e sventatamente li ho eliminati... Chiedo scusa anche ad Alessandro M. (si trattava di un vecchio thread).
Abbiate la pazienza di riscrivere, se volete :)

Anonimo ha detto...

Don Camillo le risposte alle sue domande sono nell'enciclica Divino afflante Spiritu al capitolo II - LO STUDIO DELLA S. SCRITTURA AI NOSTRI TEMPI... ecco perchè le edizioni critiche sono importanti.

Grazie.

Ricordo le parole di Mons. Gherardini:

"... sarà bene che l'esegeta cattolico si lasci guidare dai capisaldi del Magistero, in special modo dalla Providentissimus Deus di Leone XIII e dalla Divino afflante Spiritu di Pio XII: l'una infatti stabilisce un'esatta nozione d'ispirazione biblica, nozione che chiamerei teologica in quanto ripugna alla dissociazione della fede dall'ispirazione stessa e dall'inerranza; l'altra mette in evidenza e richiama la varietà dei generi letterari presenti nella Scrittura, le regole per la loro interpretazione ed il senso letterale che ne discende

Dante Pastorelli ha detto...

Non è da meno la Spiritus Paraclitus di Benedetto XV.

don Camillo ha detto...

Dave, non è così semplice.
La Divino afflante Spiritu se vogliamo fu la prima enciclica male-detta del 20mo secolo. Fu infatti interpretata in modo duplice, sia per la questione dell'inerranza sia per la questione delle fonti "pure" da riscoprire (!) della Sacra Scrittura.

Ti consiglio di leggere la disputa tra Mons. Spadafora e il gesuita Lyonnet su Rm 5,12, dove ambedue brandivano la stessa enciclica a difesa della loro posizione. Ovviamente Spadafora è dei nostri.(Cfr. Divinitas, IV(1960), pp.289-298).

Per ritornare poi al discorso sulla critica testuale, è risaputo che al tempo tutta la critica radical chic protestante vedeva con sommo odio la Vulgata-sisto- clementina la considerava rozza e mal-scritta, Pio XII si decise allora di RI-scriverla portando alla Neo-Vulgata che Gp2 promulgò.
Prima domanda: a cosa serve oggi la Neo-Vulgata?
Seconda domanda: ma siamo sicuri che la Vulgata si stata fatta da incompetenti (Papa Damaso chiese a San Girolamo di scriverla) e presa da fonti spurie?

Alla prima non saprei oggi rispondere, per la seconda, dopo fiumi di inchiostro e dopo che l'esegesi cattolica a schifato il suo patrimonio, una corrente esegetica non troppo minoritaria, sta rivalutando assai questa versione, ribadendo, quello che già si sapeva, che San Girolamo ebbe sotto mano dei manoscritti di gran lunga superiori a quei manoscritti che oggi si definiscono "puri", avvalorando non solo la sapienza della Chiesa fino agli anni '30, ma sbeffeggiando quei catto-protestanti che non sanno più come districarsi tra le vari versioni del greco.

Anonimo ha detto...

Mi interrogo spesso su come mai le parole di Enzo Bianchi (come anche quelle di molti altri) mi fanno respirare quel senso di libertà e fratellanza che sento quando leggo le parole di Gesù scritte nei Vangeli.

il 'senso' di libertà e fratellanza si può vivere anche al di fuori del cristianesimo e, soprattutto, si può trovare in discorsi accattivanti ed esistenzialmente centrati come quelli del "priore" di Bose e di molti altri cattivi maestri. I quali però sviano e deformano le anime perché le distolgono dagli insegnamenti degli Apostoli che la Chiesa custodisce, non come "severa guardiana di presrizioni cristallizzate", che sarebbe sterile e assurdo, perché la Chiesa è VIVA, non è un museo o un parco archeologico. Ma la Chiesa è portatrice, e strumento di incontro e di Azione di Grazia del Signore Risorto, che le false dottrine distorcono e annichiliscono, mentre la custodia fedele della rivelazione Apostolica permette di trasmetterla intatta e portatrice di senso e di innesto nel Soprannaturale a tutte le generazioni!

Il legalismo o il giuridismo sarebbero ben tristi e sterili... il fatto è, invece, che la retta dottrina e la retta prassi ci portano e ci donano il Signore "tutto intero" e consentono il dispiegamento pieno della Sua Grazia perché si instaura un rapporto autentico con Lui e, soprattutto, si vive una sacramentalità non 'spuria' che , nella migliore delle ipotesi, oltre a sviare, deforma le anime...
Il motivo: lex orandi l'ex credendi, che significa che si diventa ciò in cui si crede e che si pratica.

Pratiche, liturgie e insegnamenti -magari affascinanti perché coinvolgono le emozioni- ma 'spuri', cioè inquinati, non consentono di diventare 'configurati' a Colui che si adora, che è la prerogativa dell'essere-cristiano-cattolico.

Il 'sentire', che è soggettivo e può andar bene in un certo momento, non equivale all'"essere", che è l'oggettiva forza della Verità, l'unica che dà la vera libertà...

Anonimo ha detto...

che San Girolamo ebbe sotto mano dei manoscritti di gran lunga superiori a quei manoscritti che oggi si definiscono "puri", avvalorando non solo la sapienza della Chiesa fino agli anni '30, ma sbeffeggiando quei catto-protestanti che non sanno più come districarsi tra le vari versioni del greco.

Possibile che nessuno ricorda più che S. Girolamo, che ha dedicato la sua vita alla traduzione della Scrittura, aveva la forza dlela preghiera, dell'ascesi della genuinità delle fonti, senza dimenticare la sua dimestichezza con l'ambiente culturale e vitale ebraico che gli consentiva di conoscere (cosa non da poco) il Sitz im Leben dei testi.
Senza trascurare neppure la sua frequentazione dei rabbini che poteva dargli ulteriori vitali delucidazioni se non nell'interpretazione cristiana, almeno nella collocazione culturale e ambientale del testo?

Anonimo ha detto...

Ma la neo-Vulgata non doveva servire per la traduzione nelle varie lingue nazionali? E' stato fatto?

don Camillo ha detto...

Senza trascurare neppure la sua frequentazione dei rabbini che poteva dargli ulteriori vitali delucidazioni se non nell'interpretazione cristiana, almeno nella collocazione culturale e ambientale del testo?
___________

Ma ti diró di più, la grandezza di Girolamo sta anche nella sua latinità e soprattutto nella sua romanità che era e che è l'UNIVERSALITA. Non per niente la Chiesa Cattolica ha ritenuto la sua traduzione VERA e SANTIFICANTE per le anime per 17 secoli. Come sono belli i passi OSCURI della sua versione pur potendo tradurli in un senso compiuto Girolamo lasció queste perle misteriose disseminate qua e la per far comprendere nei secoli che non tutta la Parola di Dio è comprensibile lasciando sì tanta luce ma anche qualche piccola ombra per farci così comprendere che non possiamo essere padroni di tutta la sua Parola, e che non tutto è spiegabile solo basandosi sulla Parola visto che esiste la seconda fonte della Rivelazione: la Tradizione e Girolamo lo sapeva bene.

Anonimo ha detto...

Ma ti diró di più, la grandezza di Girolamo sta anche nella sua latinità e soprattutto nella sua romanità che era e che è l'UNIVERSALITA.

Questo e molti altri elementi fanno diffidare non poco della neo-vulgata e soprattutto del suo uso per i "tradimenti" nelle lingue volgari...

Dave ha detto...

Ok Don camillo, ma la questione Spadafora-Lyonnet riguardava l'interpretazione del passo, invece lo scopo dell'edizione critica è quello di ottenere un testo il più vicino possibile all'originale e la Vulgata è pur sempre una traduzione... quindi sostanzialmente sono due cose diverse...

Anonimo ha detto...

C'é anche un altro aspetto che forse andrebbe chiarito: cosa si intende esattamente per "verità salutare"? Io non sono uno specialista, ma molte cose possono essere salutari. Vuoi però vedere che una volta fatto accettare questo principio limitante l'inerranza, ci troveremo poi a dover litigare su cosa vada interpretato in tal senso.
O sbaglio?

Gederson Falcometa ha detto...

"La Tradizione che trae origine dagli Apostoli progredisce con l’assistenza dello Spirito Santo e cresce con la riflessione e lo studio dei credenti, con l’esperienza personale di vita spirituale e la predicazione dei Vescovi (cfr Dei Verbum, 8. 21).[...]

Quando ho letto questa definizione della Dei Verbum, è venuto in mente la seguente domanda:

E il magistero? Qual è il ruolo dello magisteo nella tradizione?

Il cardinale Franzelin dice che "il magistero è l'organo della tradizione", ma la definizione della tradizione nella Dei Verbum, non parla del magistero, che ha una grande importanza per la tradizione. Molto strano, perché il progresso della tradizione presuppone che qualcosa di implicita o semi-esplicita, è dogmaticamente spiegato e questo è fatto principalmente dal magistero dei Papi...

Dante Pastorelli ha detto...

Anche la Divino afflante Spiritu
viene interpretata soggettivamente.
E, s'è per questo, anche il Sillabo.
Quando si vuol stravolgere il senso ci si riesce sempre.
Comunque anche lo Spadafora ricorda che degli errori ci sono in S. Girolamo, senza contare poi le vicende delle varie commissioni che dovevano rivedere la Vulgata. Uno studio accurato per eliminare eventuali traduzioni poco apprezzabili non necessariamente dev'esser visto come un attentato alla Verità.

don Camillo ha detto...

E' molto più che una traduzione, non solo perchè Girolamo è un Santo che la Chiesa di Occidente (e Oriente) solennemente ha proclamato DOTTORE, ma anche perchè il testo è la sintesi di una fedele traduzione unita ad una comprensione autentica della Parola di Dio data dalla conoscenza della Tradizione Apostolica di cui è stato custode e depositario inquantochè vissuto nella terra dove era ancora VIVISSIMA la presenza degli Apostoli.

Le versioni del greco invece che abbiamo sono sicuramente successive a Girolamo salvo qualche frammento del tempo di Girolamo ma di cui la genuinità è messa in discussione.

Per tornare poi a Rm 5,12. La diatriba sta proprio tra le due versioni quella Vulgata e le versione greche.

ti rimando al Sales, così per comprendere bene la questione:

http://lepaginedidoncamillo.blogspot.it/p/romani-512.html

Insomma abbiamo copie di copie di di greco ma di un greco spurio. Girolamo aveva copie certamente di un valore e di una autenticità già ampiamente dimostrata. E poi il latino è il latino!

Le più curiose e fantasiose interpretazioni della Sacra Scrittura, vengono proprio da interpretazioni capziose del greco, perchè il greco è una lingua più soggetta a svariate interpretazione linguistiche. Il latino no! e questo ha sempre corroso i modernisti, perchè con il latino possono "giocare" poco con i testi.

Per ritornare alla questione la Parola di Dio è inerrante. Le parti apparentemente oscure alla ragione, sono oscure. Non tutto si può spiegare. Il ripiego delle "sole" verità salutari, regge poco e sinceramente svilisce gli autori e l'Autore del testo Sacro.

Dante Pastorelli ha detto...

Il fatto che sia un santo, dottore ecc. non elimina di per sé la presenza di errori che lo stesso Spadafora, non certo modernista, riconosce.

Anonimo ha detto...

Il fatto che sia un santo, dottore ecc. non elimina di per sé la presenza di errori che lo stesso Spadafora, non certo modernista, riconosce.

Che ci siano degli errori può anche non stupire. E mi piacerebbe conoscerne la portata secondo chi li ha riconosciuti.

Tuttavia, per quel poco che conosco delle traduzioni moderne, mi fido di più di S. Girolamo.

don Camillo ha detto...

Se si ammette che ci sono errori allora l'inerranza? Vabbè io continuo fermo nella mia posizione anche perchè:

Os meum annuntiabit justitiam tuam,
tota die salutare tuum.
Quoniam non cognovi litteraturam,
introibo in potentias Domini;

Domine, memorabor justitiæ tuæ solius.
Ps 70,15-16 Vulgata S. C.

chi fa la Compieta di feria quinta e dalla versione Bea è ritornato alla Vulgata mi capisce!

Anonimo ha detto...

Se si ammette che ci sono errori allora l'inerranza? Vabbè io continuo fermo nella mia posizione anche perchè:

Don Camì,
io ho inteso errori nella traduzione...

In ogni caso non è difficile ipotizzare una diversa qualità nella versione Bea.

Dante Pastorelli ha detto...

Se a cominciare dal Concilio di Trento, i Papi, pur tanto apprezzando la Vulgata da preferirla a tutte le altre traduzioni, riconobbero che si doveva emendare in vari punti, e ciò praticamente sino a Pio XII, qualcosa vuol dire. Non ci sono errori nella sostanza, anche quando S. Girolamo, per esser meglio capito, va a senso.
Caro MARCO, leva I a papa Benedetto.
In ogni caso a proposito della Vulgata leggete almeno la voce Volgata nel dizionario dello Spadafora. Egli bene spiega come a Trento i Padri definirono l'opera "autentica" in senso disciplinare e non dogmatico.
Io non voglio togliere niente al valore dell'opera, ma le "armi" dell'indagine testuale nei secoli si sono affinate, tutto qui.

Anonimo ha detto...

"Quoniam non cognovi litteraturam,
introibo in potentias Domini"

E' uno tra il celebri versetti epurati dal modernismo biblico. Uno dei cosiddetti passi oscuri della Vulgata giustamente Don Camillo le chiama le perle disseminate qui e la. Ebbene questo brano della Parola di Dio è stato TOLTO da tutte le versioni latine e italiane successive. Bea fu il primo a manometterla con i salmi di Pio XII. Ovviamente al clero e ai religiosi questa cosa non piacque per nulla, per cui questi salmi con la velocità con cui entrarono negli oratori con la stessa velocità uscirono dal breviario di un clero sempre più confuso. Il sensun fidei ristabilì presto l'uso dei salmi vulgata. Questo versetto di Girolamo è assurdo, incomprensibile, assolutamente fuori posto e fuori contesto, fa anche molto sorridere: un errore!? può darsi. Ma io vi dico che come don Camillo non vedo l'ora che venga il venerdì per soffermarmi e dire - con quello stesso fare interrogativo che hanno avuto tutti quei religiosi e preti nel corso dei secoli che, come me, si domandavano mentre lo recitavano con amore e rispetto - "maccheccentra questo versetto".

"Quoniam non cognovi litteraturam,
introibo in potentias Domini"

fino all'ultimo giorno!

Gederson Falcometa ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Marco Marchesini ha detto...

caro Dante, hai ragione.
Se fosse stato il Papa attuale a pubblicare quell'Enciclica ci sarebbe stato un terremoto tra gli esegeti moderni.



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La Sacra Scrittura è del tutto immune da ogni errore in tutte le sue parti, perché ogni parte è ispirata da Dio. Ammettere anche il minimo errore nella Sacra Scrittura significa ammettere che Dio sia l'autore dell'errore, il che è assurdo.




Ovviamente si parla di inerranza assoluta della Sacra Scrittura nel testo originale. Nelle copie e nelle traduzioni, anche approvate dalla Chiesa, ci possono essere errori, ma non in questioni riguardanti la Fede e la Morale.



Anche il testo famoso del libro di Giosuè dove si ordina che il sole si fermi è inerrante. La Sacra Scrittura parla il linguaggio delle apparenze e non sbaglia:




Dalla "SPIRITUS PARACLITUS " di Papa Benedetto XV:




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L’apparenza esteriore delle cose — ha dichiarato molto saggiamente Leone XIII, seguendo Agostino e Tommaso d’Aquino — deve essere tenuta in una certa considerazione; ma questo principio non può suscitare il minimo sospetto di errore nella Sacra Scrittura: poiché la sana filosofia asserisce come cosa sicura che i sensi, nella percezione immediata delle cose, oggetto vero di conoscenza, non si ingannano affatto.



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I sensi mostrano il moto apparente della terra e non si ingannano affatto. Se i sensi usati nelle condizioni normali potessero ingannarci, sono sarebbe possibile nessun tipo di scienza sperimentale come la fisica.

In fisica si parla infatti di moto apparente se si prende come punto di riferimento la terra.



Marco Marchesini

Dave ha detto...

Comunque il Codex Vaticanus e Sinaiticus hanno qualche decina di anni in meno della Vulgata...

E' appunto compito della critica testuale estrapolare da quelle "copie e copie di greco" il testo che presumibilmente era presente nei manoscritti originari...

Riguardo l'interpretazione concordo con il Pastorelli quando ha scritto "Quando si vuol stravolgere il senso ci si riesce sempre." e questo indipendentemente dalla lingua utilizzata.

Se si discute con un protestante ci si accorgerà che il problema non è solo Rm 5:12; per citare due classici aggiungo Mt 1:25, Mt 16:18.

Anzi la risposta a Mt1:25 è proprio nelle forme verbali utilizzate nel testo greco e non tanto nella congiunzione temporale "finchè" come si legge nei vari scritti di apologetica...

http://198.62.75.1/www1/ofm/sbf/Books/LA42/42085AN.pdf

Il testo greco è un valore aggiunto...

Anonimo ha detto...

Carissimi,
credo d'aver capito perché S. Girolamo ha tradotto "non conosco le letterature":

nel testo originale ebraico c'è il termine seforòt, che letteralmente è proprio le letterature (sefer è il libro, sefirìa la biblioteca; ricorda la radice cifra=decifrare).

Il termine potrebbe essere riferito alla "salvezza", traducendo Chi= perché, legato al persetto precedente.

Una traduzione possibile potrebbe essere quindi, seguendo alla lettera il testo ebraico:

""La mia bocca narrerà la tua giustizia, tutto il giorno la tua salvezza di cui non conosco l'estensione [anche se seforot è plurale e letteralmente significa tutte le letterature (in fondo le narrazioni, perché se fosse "cose scritte" sarebbe usato un altro termine)].

Entrerò nelle grandezze (potenti opere) del Signore Dio, ricorderò la tua giustizia, solo la tua""

Comprendo tuttavia Girolamo, che ha tradotto letteralmente "letterature" e sta a noi, come dice Don Camillo, decifrarne nella lettura orante il senso preciso, che è intuibile ma intraducibile con una sola parola.

E vedo anche come Girolamo ha spezzato Adonai IHWH, che in genere è usato come Nome-unico: Adonai= Signore seguito da IHWH= il tetragramma impronunciabile che indica Dio-che-si-rivela-nella-storia di ogni tempo, perché in genere si rende non con "Io sono", ma che nell'originale ebraico conserva il senso più dinamico (io sono Colui che è che era e che viene, che ne identifica l'azione ininterrotta nel presente nel passato e nel futuro).

Comprendo anche come Girolamo ha interpretato la seconda frase legandola con quella successiva invece che con la precedente, perché fa discendere - così mi sembra - l'ingresso (nelle mirabilia Domini) dal fatto di non conoscere non solo l'estensione, ma anche dati precisi che potrebbero essere limitanti, essendo le meraviglie del Signore infinite e inenarrabili...

Riproduco la traduzione 'sapiente' di Girolamo sulla quale capisco come si soffermi con gioiosa attesa Don Camillo e con lui ogni sacerdote che usa lo stesso breviario...

In essa non ci sono "errori", ma la sua interpetazione che ha la stessa dignità di altre, purché siano fedeli al testo, che acquista sfumature diverse a seconda di come lo si legge. Ma è una prerogativa dell'ebraico, lungua molto "elastica" leggibile "in situazione"...

Os meum annuntiabit justitiam tuam,
tota die salutare tuum.
Quoniam non cognovi litteraturam,
introibo in potentias Domini
;
Domine, memorabor justitiæ tuæ solius.
Ps 70,15-16 Vulgata S. C.

Anonimo ha detto...

Grazie a Dave per la sua interessantissima segnalazione!

Anonimo ha detto...

In essa non ci sono "errori", ma la sua interpetazione che ha la stessa dignità di altre, purché siano fedeli al testo, che acquista sfumature diverse a seconda di come lo si legge. Ma è una prerogativa dell'ebraico, lungua molto "elastica" leggibile "in situazione"...

E' proprio per questo che è apprezzabile la traduzione di Girolamo che conosceva l'ambiente e anche la mentalità, la cultura, le interpretazioni dei rabbini... senza ovviamente far mancare il suo "valore aggiunto" di cristiano e di uomo di ascesi e di preghiera...

Dante Pastorelli ha detto...

Il Ricciotti traduce: La mia bocca celebrerà la tua giustizia, ogni giorno la tua salvezza, benché calcolarle non so.

Castellino, nel testo della Marietti a cura del Garofalo: la mia bocca narra la tua giustizia, senza fine la tua salvezza che è incalcolabile.

Anonimo ha detto...

Il Ricciotti traduce: La mia bocca celebrerà la tua giustizia, ogni giorno la tua salvezza, benché calcolarle non so

questa traduzione-interpretazione, si avvicina alla mia letterale, ma coglie del termine non tanto la connotazione della narrazione-testimonianza o della portata, quanto quella del de-cifrare...

Tuttavia panso che la lectio di S. Girolamo di cui sopra mantenga tutta la pregnanza dell'appassionata e anche poetica sottolineatura del nostro. Ne è dimostrazione anche la licenza-poetica della scissione del Nome divino, trasformata in invocazione-dialogale...

don Camillo ha detto...

Davvero bello lo studio esegetico Mic, che conferma ciò che ho già detto di Girolamo. La Vulgata non è "solo" una traduzione (una tra le tante) ma un testo patristico di immenso valore esegetico autentico! BASTA. A me non serve altro. Come non è servito altro per la Chiesa in tanti secoli.
Ci siamo fatti sedurre dalle scoperte archeologiche, dalle "novità" esegetiche rivoluzionare (penso a tutto il flop che è stato Qmran) buttando alle ortiche tutto il nostro patrimonio. Da cui sono sorti testi in latino manipolati (Bea, Neovulgata, Cei1 e Cei2, Paoline, ecc.).
Ma la colpa di chi è? Non è forse di coloro che hanno avuto al pretesa di una reductio ad unum? Se si eliminano le due fonti e nel testo ci sono "passi oscuri" non viene spontaneo manipolarli (con una traduzione (in)-fedele?), come è stato fatto, affinchè tutto possa essere inquadrato con un criterio razionale, visto che la Sacra Scrittura si "deve" interpretare da se?

Anonimo ha detto...

Ci siamo fatti sedurre dalle scoperte archeologiche, dalle "novità" esegetiche rivoluzionare

Penso che sia normale, anzi provvidenziale, fare dei progressi attraverso le scoperte archeologiche e le novità esegetiche. L'importante è prenderle sempre cum grano salis, attraverso una prudente e sapiente apertura e custodia insieme da parte della Chiesa docente... Speriamo che torni ad esser così prima possibile!

Dante Pastorelli ha detto...

Un flop anche il 7Q5?

don Camillo ha detto...

Embe'!

Anonimo ha detto...

Grazie Mic per la dotta traduzione.
Del 7q5, so poco, so solo che han fatto brutta figura molti sedicenti esperti esegeti... sarò antico ma continuo ancora a fidarmi di San Girolamo e con lui continuo a dire senza vergogna:

Quoniam non cognovi litteraturam,
introibo in potentias Domini.

Buona notte.

Anonimo ha detto...

Caro Dante di 7Q5, a parte la lettura di testi contrastanti usciti anni fa, ho in mente questo: Un papiro rivoluzionario