Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

sabato 31 maggio 2014

Oltre l'eclissi...

Eclissi 'parziale' della Croce. Rispetto? Per chi?
Non è scomparso un thread. È stato semplicemente rimosso perché ritengo valide le osservazioni di un lettore, alle quali do' credito. La ricerca di equilibrio e obbiettività impone di considerare anche le seguenti ipotesi:
:: l Papa ha semplicemente "bloccato" la croce per qualche momento in cui il suo "penzolare" poteva essere "d'impiccio" 
:: è successo davvero per caso (nell'immagine a lato evidentemente no)
:: avrebbe potuto essere un segno di rispetto, ma perché lì e per pochi istanti, visto che in tutti gli altri momenti le foto mostrano la croce pettorale in bella vista? Insomma: le foto (allo Yad Vashem) colgono l'attimo e in quel momento uno vede l'eclisse, ma non vede il cuore del Papa.
Nel dubbio è meglio non indulgere oltre. Per il resto, proseguiamo e a domani.

Meditazione per il 31 maggio

Prepariamoci a chiudere devotamente questo Mese Mariano, con Padre Stefano M. Manelli FI.

Trentunesimo giorno

A Lourdes e a Fatima la Madonna è apparsa per raccomandarci particolarmente il Santo Rosario.

A Lourdes Ella sgranava la splendida corona, mentre santa Bernadetta recitava le Ave Maria. A Fatima, in ogni apparizione, la Madonna raccomandò la recita del Rosario. In più, nell'ultima apparizione, Ella si presentò come la «Madonna del Rosario».

È veramente grande l'importanza che la Madonna ha dato al Rosario.

Quando a Fatima ha parlato della salvezza dei peccatori, della rovina di molte anime all'inferno, delle guerre e dei destini della nostra epoca, la Madonna ha indicato come preghiera salvatrice il Rosario.

Lucia di Fatima dirà in sintesi che «da quando la Vergine Santissima ha dato grande efficacia al Santo Rosario, non c'è problema né materiale né spirituale, nazionale o internazionale, che non si possa risolvere con il Santo Rosario e con i nostri sacrifici».

venerdì 30 maggio 2014

Messori, il Corriere e "i due papi"... o l'«eutanasia» del papato?

Vi invito alla lettura di quanto dice oggi Antonio Socci sul tema che stiamo dibattendo sul suo blog Lo Straniero. A me è stato utile anche per imbattermi nel testo di Messori.

Sugli interrogativi e sulle anomalie poste dalle 'dimissioni' di Benedetto XVI, questo blog e chi scrive ne ha sempre parlato in diretta a partire dell'11 febbraio 2013: esempi qui  e qui. Compreso il discorso sulla diarchia, di cui avevo parlato il 5 luglio 2013 [qui].
E «diarchia» è un termine che credo non sia stato ripreso da nessuno successivamente, almeno che io sappia, tranne che da Mattia Rossi, che mi ha citata su il Foglio il 12 luglio successivo [qui]. Avevo usato quel termine in riferimento alla cerimonia pubblica che ha visto presenti i "due papi", e avevo poi meglio chiarito. E, tuttavia la diarchia non si pone eventualmente per la possibile o reale consulenza da parte di Ratzinger, perché quello che risponde dei suoi atti e sottoscrive i suoi documenti è il papa regnante, che è sempre lui a decidere e sottoscrivere, pur servendosi di consiglieri.
Il disorientamento viene dalla situazione inedita e da come è gestita e soprattutto dalla scissione problematica, posta dal papa emerito già nella declaratio di rinuncia, del servizio attivo da quello contemplativo e dalla inconciliabilità del per sempre del papa dimissionario con quello del suo successore. Ricordavo che una conciliazione appare possibile solo se rimaniamo nel mondo del finito e si sottrae al ministero e alla funzione la valenza ontologica che esso ha nell'ordine metafisico. Tuttavia, com'è possibile rimanere ancorati alla finitudine, se il ministero petrino e l'avvenuta rinuncia « nella metafisica sono legati al nodo dell’essere, che non permette che una cosa contemporaneamente sia e non sia »? Quella che appare come una vera e propria variazione diventa possibile unicamente se si è centrati nell'antrocentrismo conciliare e post [qui] e si riduce il Papato ad una funzione come tante senza più ricondurlo all'investitura divina, peraltro riconosciuta dal per sempre.

A questo punto, non ha tanto importanza il dato, sottolineato da Socci, di chi per primo si sia posti gli interrogativi, quanto il fatto che essi non sono dunque infondati e, soprattutto, che ormai il discorso è uscito dalla nicchia di blog come questo e che ci sono penne e tastiere più autorevoli che cominciano a parlarne, compreso il canonista citato da Messori; il che vedremo di seguito - e anche in seguito - perché il discorso è complesso.

giovedì 29 maggio 2014

Permanenza del papato, permanenza della Chiesa

Don Mauro Tranquillo, su la Tradizione Cattolica n° 1 - 2014 [qui]

Tutti coloro che sanno che il Concilio contiene veri e propri errori contro la dottrina già definita, conoscono di certo il problema dell’origine del potere di giurisdizione nella Chiesa. La Chiesa cattolica è una società giuridicamente perfetta, fondata da Gesù Cristo, e come ogni società deve avere un’autorità in grado di governarla.

L’autorità è la causa formale di una società, cioè la definisce. Più precisamente il tipo di autorità, con le relazioni che essa causa tra sé e i membri, fa sì che una data società sia se stessa. Nella Chiesa militante, l’autorità invisibile di Gesù Cristo, che è l’unico Capo della Chiesa e fonte di ogni altro potere in cielo e in terra, è da Lui delegata direttamente a una sola persona, il suo Vicario in terra, Successore dell’Apostolo Pietro, il Vescovo di Roma.

mercoledì 28 maggio 2014

Evemero e la memoria del principe. Qualche riflessione sul senso delle recenti canonizzazioni.

La mano del Papa è benedicente non sventolata
(notare la posizione delle dita: v.antiche icone)
In un recente articolo [qui] Danilo Quinto ci ricorda che la beatificazione di Paolo VI è la chiusura del cerchio, sviluppando una riflessione sulla interpretazione veritativa di Benedetto XVI sul relativismo morale e religioso.
Lo richiamo all'attenzione; ma riprendo di seguito un testo pubblicato ieri da Vigiliae Alexandrinae [qui], che ci fornisce elementi inediti e intriganti sulle recenti canonizzazioni e implicazioni relative, per discuterne insieme.

Stupisce - ormai solo fino ad un certo punto, conoscendo l'arbitrio che regna sovrano sul soglio petrino - la recente dichiarazione di Bergoglio ai giornalisti, tornando dalla Terra Santa: Pio XII non può essere beatificato perché, il Papa dixit, non c`è un miracolo: "Io non posso pensare se lo farò beato o no" [qui]. Però, che Giovanni XXIII sia stato da lui santificato senza un miracolo non sembra dover essere sottolineato.
A questo proposito, non possiamo ignorare la testimonianza del 2010, riportata dallo stesso Tornielli [qui], il quale si è guardato bene dal ricordarla al papa.

Che dire? Continuiamo a esprimere sconcerto, sorvolando su altre esternazioni problematiche, mentre i media enfatizzano il "nuovo corso", senza coglierne le contraddizioni anche patenti. E soffermiamoci sul testo proposto, nel quale trova collocazione anche questa damnatio memoriae.

Piccola notazione sulla conclusione: in ordine all'eloquente e ormai conclamato "fuori dalla storia", pronunciato da un principe della chiesa e avallato dall'attuale pontefice, in riferimento ai Francescani dell'Immacolata e a chi come loro... Evidentemente ci si riferisce alla storia tout-court mentre i credenti scrivono, vivendola in Cristo nella sua Chiesa, la storia della salvezza, che ha una direzione e un fine non dato dall'uomo e, come protagonisti, oltre agli uomini, il Dio con loro. Infatti, se "la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo" (Gv, Prologo) e se la sua Chiesa ne è Testimone e Sacramento, è una storia divino-umana e non soltanto umana. L'interrogativo che ora ci si pone è: di quale storia è testimone l'attuale Gerarchia di una Chiesa conciliare? (M.G.)

martedì 27 maggio 2014

L'assedio delle parole

Dal sito dedicato a Cornelio Fabro.

Un tempo la Parola, all’aurora del pensiero occidentale evocata dal giovane Nietzsche e ripresa oggi da Heidegger, era il possesso stesso della verità come norma universale, come la presenza luminosa ed illuminante che penetra e deve penetrare ogni anfratto e nascondiglio della realtà. Così nell’aurora del pensiero occidentale la Parola dissipava l’errore dei mortali come all’avanzare dell’aurora fuggono, spazzate via dai raggi del sole nascente, tutte le brume del mattino. Ma questa Parola (o logo) per essere contenuto, per criterio e fondamento di verità dev’essere unica, perenne, immutabile… secondo quell’antica filosofia.

Oggi siamo invece malati di parole, perché siamo sommersi dalle parole in tutte le direzioni: stampa, radio, televisione… con le risorse infinite della tecnica c’investono di parole d’ogni parte, non ci lasciano neppure un cantuccio per l’intimità della gioia e del dolore, della speranza e della disperazione. Ormai non potremo difenderci più dalle parole che si sono fatte più penetranti e corrosive delle termiti, perché oggi non significano più la presenza dello spirito, ma il dominio della materia e la prepotenza delle sue energie prive di ogni pudore e rispetto.

lunedì 26 maggio 2014

Se crollano i 'segni' e se, dopo un Papa, si dimette il Papato...

Poche dolenti note su una patente dissacrazione: Abu Mazen salito sul presbiterio per abbracciare il Papa al momento dello scambio della pace. Ci sono momenti e segni sacri che non possono e non devono essere profanati. Esiste una distinzione netta tra Santa e Divina Liturgia e pubblica rappresentazione. Infatti:
  1. Si tratta di una celebrazione liturgica, che non consente banalizzazioni e neppure commistioni improprie.
  2. Il 'segno' della Pace ha senso solo se veicola Colui nel cui Nome è scambiato e che la stessa Liturgia rende Presente.
  3. Dove siamo arrivati, se neppure questo ha più valore e acquista un 'senso' diverso, lasciando prevalere l'umano in quella che è, invece, l'azione teandrica (umano-divina) di Cristo Signore nostro?
  4. Dati i fatti, questa Azione è più ritenuta tale da colui che dovrebbe essere il suo vicario in terra e giuridicamente lo è?
Inoltre, Bergoglio manifesta la disponibilità a discutere sul primato petrino [qui]. Vedi i prodromi sulla Evangelii Gaudium [qui] e precedenti [qui] - [qui] e [qui]
«Desidero rinnovare l'auspicio già espresso dai miei Predecessori, di mantenere un dialogo con tutti i fratelli in Cristo per trovare una forma del ministero proprio del vescovo di Roma che, in conformità con la sua missione, si apra ad una situazione nuova e possa essere, nel contesto attuale, un servizio di amore e di comunione riconosciuto da tutti»
Ricapitolando:
  1. Benedetto XVI ha abdicato come persona. Bergoglio sta realizzando l'abdicazione del Papato. Può farlo, o i limiti posti dall'istituzione divina e dalla Tradizione bi-millenaria non glielo consentono?
  2. Per "essere riconosciuto da tutti" è il papa che cambia e non promuove il reditus dei separati: Che senso ha?
Anche se questo vulnus parte da lontano, non resta meno problematico:

già Paolo VI, il 28 aprile 1967, parlando all’allora Segretariato per l’unità dei cristiani, trasferisce sulla persona e sulla funzione del Papa, uno dei dissensi frutto di errore che sono stati causa del distacco dalla Chiesa dei separati a vario titolo:
“Il papa, come sappiamo bene, costituisce senza alcun dubbio l'ostacolo più grave sul cammino dell'ecumenismo”.
E ancora Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Ut unum sint, 25-V-1995, n. 95:
... trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all'essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova. ... Lo Spirito Santo ci doni la sua luce, ed illumini tutti i pastori e i teologi delle nostre Chiese [la Chiesa è una sola, le altre sono Confessioni cristiane], affinché possiamo cercare, evidentemente insieme, le forme nelle quali questo ministero possa realizzare un servizio di amore riconosciuto dagli uni e dagli altri"
Benedetto XVI.  Nel contesto delle sue dimissioni c'è un nodo non risolto e non risolvibile se non da chi ha competenza e autorità. Ma non possiamo esimerci da qualche riflessione:
Benedetto XVI lascia « l'esercizio attivo del ministero », ma esprime la consapevolezza che la sua chiamata è « per sempre ». Del resto conserverà il nome Benedetto XVI, il titolo di Sua Santità e sarà il « Papa emerito », non torna un monaco (come Celestino V) o un vescovo o anche cardinale come accaduto nei casi precedenti che ci sono stati consegnati dalla storia, determinati da ben altre cause peraltro non riconducibili alla vecchiaia o all'efficientismo. E dunque lascia ma nello stesso tempo resta in un « servizio di preghiera e riflessione » chiedendo preghiere per il « nuovo Successore dell’Apostolo Pietro ». Non stiamo rasentando l'assurdo?
Benedetto XVI lascia intendere che c'è un esercizio non-attivo del pontificato, che non contraddice ciò che ha dichiarato in un per sempre. In questo modo lascia aperta la porta a tutto e al contrario di tutto nelle future declinazioni del primato petrino. La sottigliezza sta nel fatto che è ambiguo ma non contraddittorio (in senso stretto, naturalmente). E l'ambiguità è tale da non lasciare alcuna presa perché in nessun momento esprime esplicitamente una cosa contraria a quanto ha detto prima. E, però, nella sostanza, come può conciliarsi il suo per sempre con quello del suo successore, anche lui per sempre? In effetti una conciliazione appare possibile solo se rimaniamo nel mondo del finito e si sottrae al ministero e alla funzione la valenza ontologica che ha nell'ordine metafisico. E come è possibile rimanere ancorati alla finitudine, se il ministero petrino e l'avvenuta rinuncia « nella metafisica sono legati al nodo dell’essere, che non permette che una cosa contemporaneamente sia e non sia »? Quella che appare come una vera e propria variazione diventa possibile unicamente se si è centrati nell'antrocentrismo conciliare e post [qui] e si riduce il Papato ad una funzione come tante senza più ricondurlo all'investitura divina.
Dunque, secondo i Papi post-conciliari l'unità si dovrebbe realizzare facendo entrare in un unico calderone indifferenziato tutte le confessioni, al di fuori de la Catholica, l'unica e vera Chiesa, per trovare una nuova sintesi, un punto comune di convergenza, come se l'unità potesse essere frutto di strategie umane e realizzata da una politica delle larghissime intese, anziché dal Signore nella Comunione che Egli determina tra i "suoi", che gli appartengono e "rimangono" in Lui, senza sconti alla Verità che si è loro donata [qui].

Ricordiamoci che il papa regnante non ha un potere assoluto. La sua autorità incontra - oltre ai limiti riferiti alla costituzione essenziale della Chiesa, alla legge divina e al diritto naturale - i limiti dogmatici che lo vincolano alla rivelazione e alla testimonianza autorevole codificata in maniera autoritativa dai Papi in precedenza: è questa l'unica testimonianza autorevole che la Chiesa può dare di se stessa. Altrimenti siamo nell'arbitrio, che sfocia nell'anomia e porta al sovvertimento di un ordine mirabile che si sta cercando di intaccare.

Ho esposto una situazione che lascia aperti interrogativi, ormai ineludibili, che ne evidenziano altri ancora più seri. Se essi hanno un fondamento, chi li affronta facendosene carico e chi ne parla in maniera autorevole? Se non lo hanno, chi è che ce lo spiega, motivando, una buona volta?
Maria Guarini

domenica 25 maggio 2014

I Corso estivo di Canto Gregoriano con Fulvio Rampi

L’Accademia Corale “Teleion” è lieta di presentare il I Corso estivo di Canto Gregoriano, organizzato dalla Parrocchia di Poggio Rusco (MN) in collaborazione con i frati del Santuario della B. V. della Comuna in Ostiglia. 
Il Corso, che avrà luogo presso il Santuario della Comuna nei giorni di venerdì 11, sabato 12 e domenica 13 luglio 2014, sarà tenuto dal M° Fulvio Rampi, gregorianista di chiara fama e direttore dei “Cantori Gregoriani”.

L’obiettivo principale del Corso è quello di diffondere il Canto Gregoriano nella sua dirompente potenza espressiva ed esegetica. Un’operazione che non vuole essere solamente rievocativa di una cultura lontana dalla esperienza quotidiana, ma di attualizzazione e di concreta contestualizzazione del patrimonio musicale che la Chiesa Cattolica Romana ci ha consegnato attraverso i secoli.

A tale scopo il Corso si articolerà in varie parti: lezioni frontali teoriche, esercitazioni corali, momenti di domande e risposte con il docente e, infine, l’intervento della Schola degli allievi del Corso estivo durante la celebrazione eucaristica di domenica 13 luglio.

Sarà possibile per gli allievi seguire tutto il programma del Corso oppure iscriversi al solo Corso ridotto che non prevede lezioni teoriche, per il quale la quota di partecipazione sarà minore; il termine per le iscrizioni è fissato al 31 maggio 2014.

I dettagli del Corso, così come il repertorio, i costi e le modalità di partecipazione sono disponibili nella brochure e nel manifesto ai link seguenti

:: brochure  corso estivo 2014 [qui]
:: manifesto corso estivo 2014 [qui]


L’Accademia rimane a disposizione per chiarimenti ed ulteriori informazioni all’indirizzo e-mail accademiacoraleteleion@gmail.com.

Papa: a Mazen e Peres, offro la mia casa in Vaticano per preghiera comune

Due capi di Stato nemici, che 'pregano' in Vaticano? Ha senso? Può tradursi in un reale contributo alla Pace, quella vera che senza Cristo è solo illusoria, o è solo una sceneggiata, con l'aggravante di tre religioni sullo stesso piano? 

Il Sole24ore di oggi. Al Regina Caeli alla fine della Messa a Betlemme:
«In questo Luogo, dove è nato il Principe della pace, desidero rivolgere un invito a Lei, Signor Presidente Mahmoud Abbas, e al Signor Presidente Shimon Peres, ad elevare insieme con me un'intensa preghiera invocando da Dio il dono della pace - ha detto Papa Francesco -. Offro la mia casa in Vaticano per ospitare questo incontro di preghiera.
Tutti desideriamo la pace; tante persone la costruiscono ogni giorno con piccoli gesti; molti soffrono e sopportano pazientemente la fatica di tanti tentativi per costruirla. E tutti – specialmente coloro che sono posti al servizio dei propri popoli – abbiamo il dovere di farci strumenti e costruttori di pace, prima di tutto nella preghiera. Costruire la pace è difficile, ma vivere senza pace è un tormento. Tutti gli uomini e le donne di questa Terra e del mondo intero ci chiedono di portare davanti a Dio la loro ardente aspirazione alla pace».
... Il presidente palestinese Abu Mazen e quello israeliano Shimon Peres "saranno in Vaticano in tempi molto rapidi". Lo ha detto padre Federico Lombardi - direttore della sala stampa della Santa Sede - spiegando che per raccogliere l'invito del Papa l'incontro si deve svolgere prima della fine del mandato di Peres, che decorre a luglio. Quindi l'incontro potrebbe avvenire il mese prossimo.

Dall'omelia: «...Il Bambino di Betlemme è fragile, come tutti i neonati. Non sa parlare, eppure è la Parola che si è fatta carne, venuta a cambiare il cuore e la vita degli uomini. Quel Bambino, come ogni bambino, è debole e ha bisogno di essere aiutato e protetto. Anche oggi i bambini hanno bisogno di essere accolti e difesi, fin dal grembo materno».

Luciana Cuppo, La Lumen Gentium e la fuga dei Santi

“And when the saints – go marching in…” (“E quando si fa avanti la gran marcia dei santi, vorrei esser fra i tanti quando marciano i santi”) A New Orleans, questo è uno spiritual che evoca ovazioni entusiastiche ad ogni partita di football, poiché i santi che marciano in campo sono gli atleti della locale squadra locale denominata appunto “I santi”; cosicché lo spiritual, diventato il loro inno, si suona ad ogni inizio di partita. Ed anche nel nome di una squadra di football e nel suo inno può far capolino la nostalgia dell’assoluto, il desiderio di essere fra i cittadini della città celeste dell’Apocalisse. Di questa città siamo cittadini anche noi; ed anche quello spiritual che riecheggia a ritmo di jazz sui marciapiedi di New Orleans può rinsaldare il vincolo fra i santi e quelli chiamati ad esserlo, tra chi ha già vinto il mondo  e chi, come noi, ancora ci sguazza dentro.

In termini teologici questo vincolo si chiama comunione dei santi e la Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium (LG) ne tratta nel capitolo VII, dove la Chiesa viene considerata nel suo triplice aspetto di Chiesa trionfante, militante e purgante. In quelle pagine LG si sofferma sull’unione di tutti i membri della Chiesa nell’unico Corpo mistico di Cristo ed in questo quadro trovano posto i santi ed il loro culto. La LG ne tratta in particolare nella parte conclusiva del capitolo VII. Immediatamente dopo un breve richiamo alla memoria dei defunti, LG traccia  un ancor più breve excursus storico sul culto dei santi (LG VII,50a), per poi riprendere le considerazioni sull’unione di Cristo e della Chiesa (LG VII,50b e c).LG  VII,51 è poi dedicato a considerazioni pastorali sulla  devozione ai santi. L’excursus in VII,50(a) e le considerazioni pastorali in VII,51 sono logicamente connessi, perché trattano entrambi della presenza dei santi nella vita quotidiana dei fedeli, sia in passato che (prevedibilmente) in futuro.

Va detto subito che in questo documento come in molti altri il Vaticano Secondo si richiama, e non una volta sola, al Magistero della Chiesa, ed in particolare ai canoni di Concili precedenti: il Niceno II, il Fiorentino, il Tridentino, il Vaticano I. Questi canoni vengono espressamente citati a proposito del culto dei santi, e basterebbero queste citazioni a consigliare una pausa di riflessione a chi vede nel CVII un evento in netto contrasto con la Tradizione cattolica. Accanto a queste espressioni del Magistero infallibile  ve ne sono altre tratte dal magistero ordinario dei papi, da Gelasio I a Pio XII. Tutto ciò è ineccepibile sul piano dottrinale, sul piano storico, però, e su quello metodologico-pastorale – cioè sul come portare queste verità alla conoscenza di tutte le anime, perché tutte ne traggano giovamento – c’è parecchio da dire, e dirlo bisogna; ciò è tanto più necessario in quanto la cura pastorale fu la vera ragion d’essere del Vaticano II, parola di Paolo VI nel discorso di chiusura della IV sessione il 7 dicembre 1965: “Ma per chi bene osserva questo prevalente interesse del Concilio per i valori umani e temporali non può negare che tale interesse è dovuto al carattere pastorale, che il Concilio ha scelto quasi programma” (Tutti i documenti del Concilio Vaticano II, ed. Massimo 1967, p. 976).

La dottrina della comunione dei santi in LG si regge dunque sui pilastri delle affermazioni dogmatiche dei concili precedenti e del Magistero ordinario. È dunque infallibile, e ci si attenderebbe che la LG vi dia il dovuto risalto; ma ciò non avviene, perché per tutti i canoni dei concili cui si fa riferimento (Niceno II, Fiorentino, Tridentino, Vaticano I) c’è un rimando in nota, ma non viene citato il contenuto. L’accesso al testo è dunque affidato alla buona volontà dei lettori, ed il testo è quello del Denzinger , che è un manuale rispettabilissimo ed utilissimo, ma pur sempre un manuale che oggi si può consultare comodamente online; ma ai tempi del CVII tale provvidenziale disponibilità era ancora in mente Dei ed i non specialisti faticavano ad aver accesso al contenuto del volume.

Ecco dunque il canone definitorio del Concilio Niceno II riguardo alle immagini: “Definiamo con ogni cura ed in tutta certezza che, così come la figura della vivificante e preziosa croce, sono anche da esporre le venerande e sacre immagini, tanto quelle dipinte ed a mosaico quanto quelle di altro materiale, nelle sacre chiese di Dio, nei vasi e nei paramenti sacri, su parete e su tavola, nelle case e nelle vie; così l’immagine del signor e Salvator nostro Gesù Cristo come quella di nostra Signora intemerata, la santa Madre di Dio, gli angeli onorati, e tutti i santi e gli uomini grandi.” (Denzinger 600; 302)

Questa la definizione che data dal 13 ottobre 787. Il Vaticano II vi rimanda, ma non la cita esplicitamente; se l’avesse fatto, sarebbe stata una sonora smentita per i moderni iconoclasti che in suo nome bandirono statue e quadri dei santi dalle nostre chiese.

Il Concilio di Trento nella sessione del 3 dicembre 1563 riafferma la dottrina del Niceno II e vi si richiama esplicitamente; ricorda inoltre altrettanto esplicitamente alcune espressioni fisiche di culto, quali imagines quas osculemur, coram quibus caput aperimus et procumbimus, cioè “le immagini che baciamo, innanzi alle quali ci scopriamo il capo e ci prostriamo”, poiché “attraverso tali atti si adora Cristo e si venerano i santi.” Ed il Tridentino non si preoccupa affatto della molteplicità di atti esteriori, la actuum exteriorum multiplicitate[m] paventata dal Vaticano II (LG VII, 51a).

Nella LG il Concilio Fiorentino è citato solo in relazione al suffragio dei defunti e la relativa nota 21 rimanda anche, senza distinzione, a testi di altri concili sulle immagini e sul culto dei  santi; la stessa mancanza di distinzione si rileva nel testo della LG, dove sono commiste la gloria celeste e la purificazione del purgatorio; ed a questo punto si fa strada il pensiero ribaldo che forse tale commistione, certo non propizia alla chiarezza, tende a dar l’impressione che anche nell’aldilà la vita spirituale è un continuo divenire, dal purgatorio al paradiso, e che un gran stacco fra i due in fondo non c’è.   

Nel capitolo VII, dunque, la LG con una mano dà, citando canoni validissimi e zittendo così quelli che vorrebbero demonizzare a tutti i costi il Vaticano II, ma con l’altra toglie, rendendo arduo l’accesso ai documenti citati ed in almeno un caso interpretandoli con estrema disinvoltura.

Accanto alla parte dogmatica, ineccepibile ma quasi irraggiungibile, c’è quella storica relativa al culto dei santi: un excursus, per la verità brevissimo, in LG VII,50(a). Vi sono ricordati la Madonna, i santi Angeli, gli Apostoli, i martiri di Cristo, tutti oggetto di particolare affetto e venerazione da parte della Chiesa (Ecclesia… peculiari affectu venerata est). Ai tempi di S. Pio X anche un bambino di sette anni sapeva che la venerazione resa alla Madonna non è la stessa che si rende ai santi, perché la dignità della Madonna è incomparabilmente superiore a quella di qualsiasi santo – e perciò in termini tecnici il culto della Madonna si chiama iperdulia e quello dei santi dulia, mentre a Dio è riservato il culto di latria o adorazione; ma una delle note caratteristiche dei documenti del Vaticano II è il sistematico livellamento della posizione di Maria Santissima in seno alla Chiesa, allo scopo abbastanza ovvio di sminuzzare ogni privilegio mariano, e pazienza se tali privilegi furono voluti da Dio Padre onnipotente. Nemmeno LG VII,50(a) è immune da questo morbo. Ma a parte ogni considerazione teologica su un tale livellamento, LG VII, 50(a) non tiene conto di un elementare dato storico: il canone della Messa era già fissato ben prima di papa Gregorio Magno, e la devozione a Maria aveva già allora un posto specialissimo, ma LG VII,50(a) non vi dà alcun rilievo. Tuttavia, in VII,50(d) LG nota che i santi sono inclusi nel canone della Messa e cita verbatim il canone, pur guardandosi bene dal sottolineare la posizione d’eccellenza che Maria riveste in quello stesso canone rispetto agli altri santi: Communicantes et memoriam venerantes in primis beatae Verginis Mariae, venerando in primo luogo la memoria della beata Vergine Maria. In questo modo LG VII,50(a) contraddice in pratica quanto viene poi affermato – ma solo indirettamente e per via di citazione – in LG VII,50(d).

E fosse questo il solo strafalcione di carattere storico di LG VII; ma ve ne sono altri. In LG VII,50(a), dopo i “martiri di Cristo” ricordati più sopra fra i santi, la vena si inaridisce ed i santi scompaiono. Da Costantino ai giorni del Concilio, non c’è menzione esplicita, non dico di santi, ma neppure delle fonti storiche che li riguardano, dal martirologio geronimiano a quelli storici all’agiografia moderna; e neppure si parla delle forme concrete di devozione in cui si è espresso il culto dei santi: reliquie, santuari, pellegrinaggi, ex-voto, processioni, immagini; tutti parte del vissuto della Chiesa da duemila anni a questa parte, e qui disinvoltamente azzerati in un vuoto storico dà le vertigini. Da Costantino in poi, per LG la Chiesa nella sua manifestazione storica e concreta, nella vita quotidiana dei suoi fedeli che hanno cercato di seguire Cristo fino all’eroismo, non esiste. e dopo Costantino, di santi non si parla più.       

C’è una nota di rimando ad opere agiografiche, una sola, che si penserebbe rimandi ai santi od al loro culto, ma non è così; perché quella nota 8 rimanda a santi e sante che non esistono e non sono mai esistiti. E mi spiego.

La nota 8 rimanda al Symposion (“Banchetto” ) di Metodio d’Olimpo. Sarebbe interessante vedere perché, fra tutti i padri e dottori della Chiesa, i redattori della LG abbiano scelto proprio lui. Dal punto di vista storico le notizie su Metodio sono poche e difficilmente verificabili; da quello dottrinale vi sono dubbi, perché – benché Metodio sia morto martire e sia stato venerato in alcuni luoghi come santo – alcune sue espressioni riguardo a Cristo sono più ariane che cattoliche, e si è quindi dubitato della sua ortodossia. Vi furono infatti due edizioni del Symposion, una filoariana, l’altra riveduta in senso ortodosso. Per di più, Metodio credeva al millennio, considerato da S. Gerolamo una fabula, un’esimia sciocchezza.  Ma è sopratutto la scelta dell’opera che desta sorpresa.
Nella LG i santi che imitarono Cristo nella verginità e nella povertà vengono immediatamente dopo la Beata Vergine, gli Apostoli e i martiri, ed il Symposion è un dialogo in lode della verginità, che di fatto considera la verginità la via maestra per arrivare alla perfezione cristiana. Ma in questo scritto, redatto nello stile del Symposion  di Platone anche se con intenti opposti, mancano i santi in carne ed ossa, veramente vissuti, con cui i fedeli possono identificarsi. Il Symposion di Metodio presenta invece una serie di personaggi, vergini consacrate riunite in un giardino ameno ad apprendere la via alla cristiana perfezione vista attraverso il prisma della verginità.  Di santi veri, però, non ce ne sono; a meno di annoverarvi Tecla, venerata in Asia Minore; ma i suoi “Atti” erano considerati apocrifi dalla chiesa di Roma già al tempo di papa Gelasio.

Difficile, insomma, spiegare il riferimento a Metodio. E qui un altro pensiero ribaldo: che la scelta di uno scrittore dottrinalmente dubbio sia stata voluta cinquant’anni fa per facilitare – come poi di fatto è avvenuto – l’accettazione di altri scrittori come Origene e Ticonio, ortodossi  in alcune loro opere, ma eretici in altre. Metodio in LG fu forse un passo verso una visione di chiesa inclusiva, in cui la distinzione fra eretico ed ortodosso diventa molto sfumata, per non dire inesistente; il tipo di chiesa che, se non erro, si sta proponendo adesso con la riabilitazione di Lutero.   

Il rimando ai santi storici evapora dunque, in LG VII,50, nel simbolismo e nell’allegoria; non a caso Herbert Musurillo, curatore dell’edizione di Metodio per Sources Chrétiennes, richiamandosi a Karl Rahner, scrisse un saggio sul valore simbolico del “Banchetto.”  Ma i santi sono sempre stati, nella storia della Chiesa, esempi concreti di vita vissuta; di quella vita si possono ignorare i particolari, si può persino ignorare il nome del santo, e dargli un nome fittizio, ma non si ignora il fatto essenziale: che quel santo diede la vita per Cristo. I martirologi più antichi la vedevano così: narravano tutti le gesta, cioè i fatti, dei martiri. E la sostituzione di figure poetiche nella LG alla presenza viva e reale di un santo avviene alla faccia della pastorale, perché i fedeli vogliono un santo vivo e vero al quale rivolgersi nelle loro necessità.

Anche nel culto dei santi ci furono abusi; se ne occupa la LG (VII,51a) e se n’era occupato il Concilio di Trento nel 1563 (Denzinger 1825; 988). Ma fra i documenti dei due concili vi sono notevoli differenze. Il Tridentino aveva riaffermato la validità degli atti esteriori di culto  purché essi rispecchino le disposizioni interiori ed aveva disposto che i prelati preposti alla cura d’anime istruissero i fedeli in proposito (Denzinger 984; 1821), mentre LG VII,51(a) afferma senz’altro che la devozione non consiste nella molteplicità di atti esteriori, ma nell’”intensità del nostro amore fattivo” (intensitas amoris nostri actuosi); e quando tratta del rapporto tra i santi ed i fedeli, cioè la comunione dei santi, LG VII,50(b) non fa parola della Chiesa se non in modo estremamente indiretto, attraverso una nota che rimanda al Vaticano I (nota 12). Il canone del Vaticano I citato nella nota 12 non tratta specificamente del culto dei santi, ma della natura della Chiesa, ed in quel contesto afferma che la Chiesa è maestra di santità (Denzinger 1794; 3013). Da ciò si può e si deve dedurre che la santità fiorisce nella Chiesa; ma questa verità, che dovrebbe essere offerta ai fedeli fino a diventare il loro pane quotidiano, non è affermata esplicitamente ma rintuzzata in una nota che a prima vista appare fuori tema – poiché il discorso di LG VII,50(b) è sul rapporto tra santi e fedeli, ma della Chiesa non si parla. In tale discorso si minimizza la presenza della Chiesa, mai citata come istituzione, e non si accenna neppure al dovere di istruire i fedeli nella devozione ai santi; ma la Chiesa è la sola che può e deve regolare il culto dei santi, prevenendo o limitando abusi.  Quando tale presenza istituzionale non c’è  e ci si limita ad una generica e non vincolante esortazione ai singoli vescovi perché rimedino ad abusi peraltro non definiti, avviene precisamente quel che è avvenuto: ciascuno fa a modo suo, e con il pretesto di eliminare gli abusi si sono di fatto eliminate quelle stesse devozioni ai santi che il Tridentino aveva caldamente approvato. Ne è risultata in molti, troppi casi, la fuga dei santi.

La riduzione di tutto il culto dei santi alle disposizioni interiori è – proprio dal punto di vista pastorale, cioè della cura d’anime, che dovrebbe essere il piatto forte del CVII – profondamente errata.

È errato il malcelato disprezzo per la cosiddetta “pietà popolare.” Ai tempi del concilio più di mezzo secolo di critica bollandista aveva lasciato il segno, e si diffidava di ogni forma del culto dei santi che non poggiasse su solide basi scientifiche o ritenute tali. Alla base di un tale atteggiamento c’era un equivoco: il ritenere che la conoscenza dei dati storici su di un santo equivalga alla fede in Dio manifestata attraverso il culto reso a quello stesso santo. Ma non occorre aver a disposizione dati scientifici inappuntabili per credere nell’intercessione dei santi; basta sapere che un santo c’è, e che per volontà di Dio intercede per noi; e, poiché siamo creature umane e non puri spiriti, la fede in Dio e nei santi trova manifestazione in espressioni esteriori. In un saggio pubblicato in Florilegium nel 1982, quando imperversavano le stroncature della “pietà popolare” vista come superstizione e contrapposta alla sofisticata pietà degli intellettuali, Leonard Boyle ebbe a dire questo: “Alla lunga, tutte queste espressioni [di pietà] non sono altro che flebili tentativi di fissare, in termini umani ed a vari livelli, la comune fede in Dio ed il rapporto di Dio con l’uomo ed il creato, sia che tali espressioni siano quelle di Anselmo nel suo Proslogion o quelle di un trovatore che strimpella sul suo strumento le lodi di Maria.” O come si espresse lapidariamente Brunero Gherardini a proposito di devozioni popolari e pietà intellettuale: “La sostanza è la stessa.”

Questa sostanza è la fede: il porsi di fronte a un Dio che supera infinitamente la nostra capacità di comprenderlo. Che ci si affidi alla medaglia di S. Antonio od alla consumata perfezione letteraria del Cantico spirituale, la distanza tra le nostre espressioni umane e la realtà di Dio resta incolmabile ed il ponte resta la fede, che è dono soprannaturale di Dio e virtù teologale. In questa luce la più sublime espressione di fede è inadeguata e di grana grossa: tutta paglia, come disse S. Tommaso dei suoi scritti.

Ora, proprio il rapporto tra culto dei santi e fede, che è il fulcro di tale culto, non viene affermato in LG. Oibò, non che lo si neghi; ma non se ne parla. Si dice invece (LG VII,50c) che “ogni genuina testimonianza d’amore da noi resa ai celesti per sua stessa natura tende e termina in Cristo” (omne enim genuinum amoris testimonium coelitibus a nobis exhibitum suapte natura tendit ac terminatur ad Christum) e più avanti contrappone agli atti di devozione ai santi “l’intensità dell’amore fattivo” (intensitas amoris nostri actuosi), LG VII,51(a). Non spiega però – e proprio in base a criteri pastorali, lo sforzo cioè di rendere la buona novella accessibile a tutti, queste cose bisognerebbe spiegarle – quando una testimonianza d’amore è genuina, e neppure quando l’amor actuosus è efficace. Sono cose lapalissiane, su cui però casca di botto l’asinello conciliare: nella comunione dei santi non c’è amore fattivo o genuino che non sia radicato nella carità, che – come la fede – è un dono, una virtù soprannaturale dataci nel battesimo con la grazia santificante. Senza queste virtù, intenso o no, l’amore sarà al più filantropia o un sentimento di compassione verso il prossimo.  

L’unica reale contrapposizione è quella fra le devozioni esteriori prive di fede, anche dette superstizioni, e quelle motivate dalla fede; o tra un’attività motivata dall’amor di Dio ed una dettata da semplici sentimenti di compassione; la contrapposizione, insomma, tra la natura umana e l’ordine soprannaturale che Cristo ci ha messo a portata di mano. La LG non nega tale ordine, ma neppure ne fa motto. Ma noi siamo semplici laici che hanno bisogno di sentirsi dire le cose in termini semplici. Si può e si deve farlo; cinquant’anni dopo, sarebbe un passo verso la tanto autorevolmente auspicata ermeneutica della continuità.  (di Luciana Cuppo)
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sabato 24 maggio 2014

Dichiarazioni che discendono da innovazioni 'spurie': "noi siamo più degli angeli" e relative implicazioni

Beato Angelico, Giudizio finale: Cristo e Angeli sullo sfondo
È uno di quei casi in cui non posso tacere e il mio essere cattolica mi impone di esprimere quello che dirò. Oggi parto dalla seguente affermazione tratta dall'ultima udienza papale del mercoledì [qui].
Il problema, al solito, non sta tanto in ciò che questo papa dice, quanto in ciò che non dice.
Ci troviamo alle prese con vere e proprie innovazioni spurie, come spiegato più avanti, veicolate da un linguaggio pressappochista, che lancia espressioni a mo' di slogan, ma senza motivarle ed approfondirle. 
"...Nel primo capitolo della Genesi, proprio all’inizio di tutta la Bibbia, si mette in evidenza che Dio si compiace della sua creazione, sottolineando ripetutamente la bellezza e la bontà di ogni cosa. Al termine di ogni giornata, è scritto: «Dio vide che era cosa buona» (1,12.18.21.25): se Dio vede che il creato è una cosa buona, è una cosa bella, anche noi dobbiamo assumere questo atteggiamento e vedere che il creato è cosa buona e bella. Ecco il dono della scienza che ci fa vedere questa bellezza, pertanto lodiamo Dio, ringraziamolo per averci dato tanta bellezza. E quando Dio finì di creare l’uomo non disse «vide che era cosa buona», ma disse che era «molto buona» (v. 31). Agli occhi di Dio noi siamo la cosa più bella, più grande, più buona della creazione: anche gli angeli sono sotto di noi, noi siamo più degli angeli, come abbiamo sentito nel libro dei Salmi. Il Signore ci vuole bene! Dobbiamo ringraziarlo per questo. Il dono della scienza ci pone in profonda sintonia con il Creatore e ci fa partecipare alla limpidezza del suo sguardo e del suo giudizio. Ed è in questa prospettiva che riusciamo a cogliere nell’uomo e nella donna il vertice della creazione, come compimento di un disegno d’amore che è impresso in ognuno di noi e che ci fa riconoscere come fratelli e sorelle..."
Discorso Vetero-testamentario e umanitarista. Cristo dov'è?
Gli interrogativi e lo sconcerto suscitati solo da queste righe sono molti, visto che il papa parla dell'uomo in genere, e implicano echi e riferimenti a innovazioni spurie veicolate da ambiguità conciliari ormai note, che indicherò di seguito.

Francescane e Francescani dell'Immacolata. Perché tanto accanimento?

«Stringiti alla Sua dolcissima Madre, la quale generò un Figlio tale che i cieli non lo potevano contenere, eppure ella lo raccolse nel piccolo chiostro del suo santo seno e lo portò nel suo grembo verginale.» Santa Chiara

Colonna sonora: Anima Christi

venerdì 23 maggio 2014

Un colloquio per capire cosa sta avvenendo nella Chiesa

Da Il Cammino dei tre Sentieri [qui]. Per l'attendibilità della fonte, oltre al contenuto, basti sapere che che fa capo al Prof. Corrado Gnerre. Ed è per questo che siamo lieti di poter fare da ripetitori in ordine ai temi di indiscussa attualità che troverete sviluppati di seguito, che hanno relazione con l'attuale situazione ecclesiale e con alcuni punti di cui si discute in merito alla vita della Chiesa e al suo insegnamento ordinario. Cose da noi già affermate in ordine sparso nelle nostre puntualizzazioni e denunce, ma qui raccolte in una efficace sintesi. Dunque le propongo come riflessione e orientamento da condividere e amplificare.

Tre precisazioni:
  1. Lo stile utilizzato è quello della domanda-risposta perché più chiaro, più semplice, ma anche più capace di facilitare la memorizzazione.
  2. Lo stile utilizzato è quello di affermare la verità e di confutare l’errore, senza indulgere in polemiche nei confronti di affermazioni singole e di persone in particolare; non perché ciò non sia lecito. Certamente il “rimprovero evangelico” ha una sua legittimità (in alcuni casi perfino doveroso) nei confronti di chiunque (anche nei confronti delle autorità), ma, per evitare equivoci e scandali di sorta, se la polemica diretta non è necessaria, è sempre bene astenervisi.
  3. Lo stile è volutamente semplice e colloquiale. I problemi sono seri, ma la gravità dei nostri tempi sta nel fatto che questi problemi sono problemi di tutti, che si ripercuotono negativamente su tutti, dall’intellettuale al semplice fedele.

Siria. Di nuovo l'Eucaristia ad Homs

Da Radio Spada

Gli ultimi ribelli siriani hanno abbandonato la città di Homs circa dieci giorni fa.


Tutto o quasi è distrutto, ma si torna per i legami. Una delle foto a corredo di questo articolo mi ha molto impressionato: mostra l'immagine della prima messa di ringraziamento dopo la liberazione della città dai jadisti. Cattolici e siro-ortodossi si sono ritrovati insieme a ringraziare Dio nella chiesa di Umma al-Zennar tra i detriti degli spari e dei combattimenti uniti nella celebrazione Eucaristica. Invece che le mille utopie del mondo è quell'unità fraterna che cambia il mondo se il mondo ascolta e vede. La gente di Homs ricerca il vero, vuole la pace, vuole ricominciare e piangere i propri morti e ricostruire nella sicurezza. Ma altrove emerge che la pace, per le istituzioni che dovrebbero preservarla, sembra essere il peggior nemico: ogni volta che si avvicina, esse diventano più attive nell' allontanarla. Paradossale che quasi nello stesso momento che ad Homs si celebrava la messa di ringraziamento, a Londra 'gli amici della Siria' si ritrovavano insieme (animati da un cinismo così pervicace da mutare la sostanza) per riacutizzare il conflitto.

[qui un articolo su laperfettaletizia.com]

giovedì 22 maggio 2014

TUTTI A ROMA CON IL CNSP!

III PELLEGRINAGGIO INTERNAZIONALE DEL
POPULUS SUMMORUM PONTIFICUM
ROMA – NORCIA, DAL 24 AL 26 OTTOBRE 2014
TUTTI A ROMA CON IL CNSP!

Il CNSP è lieto di proporre a tutti i pellegrini italiani il programma di viaggio per partecipare al III Pellegrinaggio Internazionale del Populus Summorum Pontificum che si terrà a Roma e Norcia dal 24 al 26 ottobre 2014. Per cercare di soddisfare le esigenze di tutti, il programma prevede diverse opzioni.

Ai divorziati risposati. Sì, la Comunione di desiderio.

Aggiornamento. Troverete, di seguito, quanto pubblicato oggi da Magister [qui]. Interessante per completare la discussione e approfondir meglio. La domanda è: si può essere tralcio viridans della Vite e membro integrato nel corpo mistico di Cristo, senza il pentimento e la conversione conseguente? È solo qui che può innestarsi il discorso 'pastorale' di un accompagnamento personale da parte di un sacerdote, che serve a sostenere e a orientare non a giustificare senza sconti. 

È il seguito della lettera aperta di padre Carlo Buzzi, missionario in Bangladesh, pubblicata dieci giorni fa da www.chiesa che, segnala Magister oggi [qui], ha avuto un'eco vastissima in tutto il mondo. Riprendiamo anche questa, al pari della prima [qui].

LA COMUNIONE DI DESIDERIO
don Carlo Buzzi

Tra quelli che hanno reagito alla mia lettera c'è chi mi ha detto che è stata una perdita di tempo, perché ormai è sicuro che la mozione per dare la comunione ai risposati passerà a pieni voti. Infatti nel sinodo – mi si è spiegato – la maggioranza dei vescovi delle due Americhe, del Nord Europa e dell’Australia voterà a favore. E quindi supererà certamente i voti dei vescovi dell’Africa e dell’Asia, tra i quali molti sono contrari.

Poveri vescovi dell’Africa e dell’Asia! Stiamo riducendo la Chiesa a una organizzazione come l’ONU o a un qualsiasi parlamento dove la maggioranza vince. Cioè proprio quelle istituzioni che legalmente e democraticamente approvano di tutto: anche crimini come l'aborto, il matrimonio tra omosessuali inclusa l’adozione dei bambini, gli esperimenti su embrioni che sono esseri umani, l'eutanasia, e via di questo passo.

È la prima volta che nella Chiesa Cattolica sta penetrando la democrazia con i suoi metodi. Avrà lo Spirito Santo diritto almeno a un voto, come ogni vescovo, dato che viene come rappresentante della Santissima Trinità?

Fino adesso la Chiesa Cattolica è rimasta in piedi perché basata sulla santità dei suoi membri e dei suoi martiri, non sulla democrazia.

Ci sono migliaia di cattolici che muoiono ogni anno, perseguitati per la loro fede, e noi che stiamo bene ci preoccupiamo caparbiamente della comunione ai risposati. Quanti martiri ci sono stati in Inghilterra per mantenere fede all’integrità del sacramento del matrimonio!

Guai se la Chiesa cattolica si mette sul sentiero della Chiesa anglicana, dove decidono delle cose di Dio, della fede e del comportamento morale dell’uomo con sistema democratico. Povero Dio alla mercé dei voti di alcuni ecclesiastici! Sono sicuri che Dio vuole le donne preti e vescovi? Sono sicuri che Dio approva i matrimoni tra omosessuali?

mercoledì 21 maggio 2014

Salus animarum suprema lex?

Avrei preferito sostare con più attenzione sui recenti argomenti proposti, che hanno una grande pregnanza. Ma la cronaca incombe.
Il testo che segue è di oggi, da Corrispondenza Romana
I recenti confronti ci hanno messi di fronte ad una dura lex canonica, scientemente applicata con atteggiamenti più burocratici che pastorali.
E il nostro linguaggio e conseguente approccio alla situazione - ispirato da esigenze spirituali e non burocratiche, pastorali nel vero senso della parola e non pragmatiche o ideologiche - non è riuscito a scalfire la dura corazza di disprezzo ed estraneità che si fa sempre più difficile da fronteggiare. 
Ed è paradossale dover attribuire i comportamenti cui siamo costretti ad assistere impotenti - e si vorrebbe anche in silenzio - alla gerarchia che affianca il papa universalmente abbinato alla misericordia (il minuscolo è d'obbligo), che in questo caso - e in altri consimili - non credo sia da confondere con la Viscere di Misericordia di Colui che conosciamo manifestarsi in tutt'altro modo. Est modus in rebus, perfino nella correzione, qualora fosse davvero necessaria.

Gli ultimi dubbi, per chi ancora ne avesse, sono definitivamente caduti. Esiste un piano per la sistematica distruzione dei Francescani e delle Francescane dell’Immacolata, i due istituti religiosi fondati da padre Stefano Maria Manelli, oggi travolti dalla bufera.

Lunedì 19 maggio 2014, il cardinale João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata, ha annunciato alla Madre generale delle Francescane dell’Immacolata, la nomina, con effetto immediato, di una “visitatrice” per l’Istituto, con poteri di ferreo controllo che di fatto equivalgono a quelli di una “commissaria”. 

Una mossa diversiva? Protagonismo di cardinali

Abbiamo molto scritto e riflettuto sull'onda delle sconcertanti esternazioni di Kasper, il "buon teologo" citato da Bergoglio nel suo primo Angelus, sulla questione sollevata nel recente concistoro [qui]. Egli si è fatto portavoce, sembra con l'avallo del papa, delle spinte antropocentriche innescate nella teologia e nell'ecclesiologia negli anni post-conciliari [qui], [qui], [qui].

Abbiamo esaminato anche le recenti dichiarazioni di Mons. Galantino [qui], chiamato personalmente da Bergoglio alla funzione di nuovo segretario della CEI, che appare oggi da lui stesso clamorosamente commissariata.

Senza ignorare, come sottolinea Luisa nella discussione sulle problematiche esternazioni del card. Schönborn [qui]. E cioè, che sempre più voci vogliono imporci la versione secondo la quale non si cambierà la Dottrina ma si adatterà la pastorale. Ultimo esempio quello di Scherer, il cardinale brasiliano, ex-papabile che ha detto: "La Chiesa deve, in qualche modo, sì affermare e confermare la Parola di Gesù sempre e di nuovo, non può rinnegare la Parola di Gesù, ma deve anche andare incontro alle situazioni storiche, concrete, per dare speranza e mostrare la via della misericordia, la via della vita cristiana, anche se con certi limiti che possono esserci."

Questa è la strada che ci stanno indicando vari elementi, quelli che ci dà il Papa stesso e quelli che ci danno i suoi corifei sguinzagliati nelle varie tribune mediatiche e non: insomma in "qualche modo" (!!) bisognerà confermare la Parola di Gesù, ma si DEVE andare incontro alle attese della gente.

Inoltre, è da seguire con attenzione anche quel che scrive Tornielli, l'addetto stampa privato di Bergoglio, nonché suo amico: «Caro Francesco...». Le «donne dei preti» scrivono al Papa [qui]. Una lettera abbastanza improbabile, non tanto per il problema che espone quanto per la 'strana' coesione delle protagoniste, e che quindi sa tanto di costruito ad arte. È sempre interessante osservare quel che Tornielli riprende e sottolinea e quel che ignora. Sapendo infatti che egli ha un filo diretto con Bergoglio, potremmo pensare che quel che il Papa non può, ancora, dire direttamente, lo fa dire al suo amico vaticanista.

Mi accingevo dunque ad una riflessione su tutta questa enfasi agitatoria che in fondo riguarda un tema abbastanza marginale, se vogliamo, rispetto ai tanti nodi dell'attuale crisi. Mi chiedo, infatti, se non possa trattarsi di una strategia che tenta di nascondere un problema mettendone in campo un altro. E proprio stamane mi imbatto in un articolo di Fabrizio Cannone che ha espresso la stessa riflessione in maniera chiara e puntuale su Libertà e persona [qui]. Dunque lascio a riposo la mia tastiera e lo riprendo di seguito.

C'era una volta un re...

Ricevo e volentieri pubblico. Se leggete fino in fondo trovate anche la morale della favola.

In un lontano paese, c’era una volta un Re, vedovo, che aveva un’unica figlia che adorava, destinata a ereditare non solo l’ingente patrimonio, ma soprattutto le responsabilità di governo di un intero popolo. Avvenne che la figlia, Principessa, conobbe un bravo Principe e decisero di sposarsi, con grande gioia del Re che non vedeva l’ora di dare una discendenza al suo Casato. Giunse il giorno delle nozze preparate con una magnificenza indescrivibile tra il tripudio non solo della Corte e dei più alti dignitari e nobili convenuti da ogni parte del mondo, ma anche dei sudditi che amavano il loro Re perché era buono, generoso e timorato di Dio, e si impegnava perché non venisse mai meno la Giustizia nel suo Regno.

martedì 20 maggio 2014

Storie di ordinaria prevaricazione

Alla redazione di Chiesa e post concilio,

sono un fedele che frequenta puntualmente e da anni la messa tridentina al Santuario della Beata Vergine Addolorata di Campocavallo dei Francescani dell’Immacolata.
Il nostro parroco Padre  Giuseppe, uno degli iniziatori della messa tridentina a Campocavallo, ha ricevuto il permesso personale dal commissario dell’ordine padre Volpi di celebrare per il nostro gruppo. Dovendosi assentare per domenica 18, ce lo ha detto assi in tempo, abbiamo iniziato la ricerca di un sacerdote che lo potesse sostituire.

Pur avendo trovato alcuni sacerdoti assai ben disposti a celebrare (il nostro gruppo è numeroso e anche ben organizzato per il servizio liturgico) le cose si sono complicate quando non è più bastato il celebret con l’indicazione che il sacerdote fosse un diocesano qualsiasi.
Le Suore Francescane dell’Immacolata per poter cantare alla messa celebrata dall’occasionale sostituto del parroco avrebbero dovuto chiedere un permesso speciale fornendo le generalità del celebrante. [in base a quale norma?]

Alcune battute del vice parroco padre Giovanni Severini, che per diversi anni ha celebrato la messa tridentina per noi, senza alcuna convinzione ma solo per obbedienza [non mi risulta fossero obbligati a celebrare l'antico rito. E comunque il biritualismo in questo caso in cosa consisteva? Il discorso della convinzione, tuttavia la dice lunga sullo scostamento non solo 'formale' tra le due cosiddette 'forme' e sulla direzione della dissidenza] (come aveva l’onestà di dire ben prima del commissariamento) e che vede lefebvriani dappertutto, anche annidati come batteri  dentro il bagno [gliel'avete detto che non sono solo i lefebvriani a celebrare l'antico rito? E che i lefebvriani non sono né appestati né eretici?], hanno indotto i sacerdoti che avevamo trovato uno ad uno a starsene lontani da Campocavallo. [E bravi i nostri Don Abbondio. Ma quanti ce ne sono! Ne ho incontrati anch'io.]
Giorno dopo giorno ci siano trovati alla domenica 18 maggio.

Ecce Christianus(!?). Eccone un'altra del cardinal Schönborn

Non vorrei occuparmi di cronaca spicciola, con tutte le esibizioni aliene e alienanti, di una chiesa esibizionista anziché docente, che si susseguono a ritmi incalzanti dai quali sarebbe necessario prendere il dovuto distacco per conservare la sanità mentale nonché la fede.
Ma siamo al "bombardamento a tappeto" e ogni tanto qualche scheggia impazzita ci colpisce e la registriamo come emblematica di una situazione allo sbando, ormai a livelli intollerabili.
Si disprezza la dottrina e la verità che essa trasmette, ma si torna incessantemente su aspetti morali e in termini ormai scissi dai principi, senza ricordare che è dalla verità che la morale deriva e non viceversa: il disordine attuale non è altro che l'effetto di questa frattura. E si parla del cristianesimo come di una esperienza affermando che bisognerebbe soprassedere sulla conoscenza della verità. Dimenticando tuttavia che non è l’esperienza che giudica la verità, ma la verità che giudica l’esperienza. E i cardinali non hanno altri argomenti di cui parlare? Questa la notizia recente:
Il cardinale di Vienna e presidente della conferenza episcopale ajustriaca, Christoph Schönborn, si è congratulato con la “drag queen” barbuta Conchita Wurst per il suo recente trionfo nel festival dell'Eurovisione.
Mi complimento molto con Thomas Neuwirth, che ha avuto tanto successo con la sua performance come Conchita Wurst”, scrive il cardinale nella sua colonna settimanale pubblicata sul quotidiano gratuito “Heute”, uno dei più letti della capitale austriaca.
Nel colorato giardino di Dio c'è varietà di colori. Non tutti quelli che sono nati come persone di sesso maschile si sentono uomini, e lo stesso dal lato femminile. Meritano come persona lo stesso rispetto al quale tutti abbiamo diritto.”, aggiunge Schönborn.
La tolleranza, il filo conduttore della esibizione di Conchita Wurst, “è un tema reale e grande”, spiega il cardinale di Vienna.  Esser tollerante significa "rispettare l'altro anche se non condivide le nostre convinzioni", assicura il  leader della chiesa austriaca.
“Prego per lui (Thomas Neuwirth) perché la sua vita sia benedetta”, conclude Schönborn, considerato uno dei cardinali più influenti d'Europa.
Mi segnalano da La bussola quotidiana un articolo di Giuseppe Tires: "Chiediamo ai vescovi una moratoria sulle interviste". "I vescovi e i cardinali devono parlare poco, appunto perché poi, quando parlano, quello che dicono abbia un peso."
La lettrice suggerisce una modifica: " Il Papa, i vescovi e i cardinali devono parlare poco, appunto perché poi, quando parlano, quello che dicono abbia un peso."
Il problema è che, oltre a parlar troppo di alcuni temi - o a tacere, quando non dovrebbero, di altri - papa cardinali e vescovi parlano a sproposito non solo perché non ci risparmiano spropositi, ma anche perché, anziché parlare dalle loro cattedre uniche sedi adeguate salvo eccezioni, moltiplicano le esternazioni da tribune mediatiche che le strumentalizzano e così sviano una massa (altro che popolo di Dio!) sempre più de-formata (pastorale 'liquida'). E la confusione regna sovrana.

Quanto a Schönborn e alla notizia su riportata, c'era proprio bisogno di sottolineare un evento del genere? Ma il cardinale non è nuovo a performances simili. Ricordiamo la sua Lectio alla National Gallery di Londra, dello scorso 8 aprile, riferita dal settimanale cattolico inglese “The Tablet” col titolo: “Schönborn guida il ripensamento sulle unioni dello stesso sesso” [qui]. Ricordiamo ancora la mostra di dipinti blasfemi nel Museo del Duomo della sua diocesi e le sue messe che solo eufemisticamente possiamo definire creative [qui].

In conclusione, tolleranza e misericordia per le 'anomalie' che diventano norma, disprezzo e condanna per chi ama custodisce e vive ciò che la Chiesa ha sempre insegnato, che non è lettera morta, ma vita e santificazione, se ancora questo termine ha diritto di cittadinanza. 

lunedì 19 maggio 2014

P. Enrico Zoffoli. Poteri della Chiesa, limiti dei suoi ministri, atteggiamento dei fedeli

Testo tratto dal libro di padre Enrico Zoffoli, La vera Chiesa di Cristo, Roma 1990, pp.285-289. Qui  e qui altri stralci interessanti dallo stesso volume.
Nell'arco di quattordici anni - tempo brevissimo ma denso di cambiamenti epocali che non vogliamo passino sulla nostra testa - quelli che nel '90 erano avvertiti come i prodromi della crisi, oggi sono segnali di una ingravescente trasformazione, che è deformazione, dapprima insinuata ed ora imposta a ritmi esponenzialmente incalzanti. E qui ci sono tutti gli elementi utili per una riflessione che ci tenga ancorati alla Chiesa così come il Signore l'ha istituita ed è arrivata fino a noi col suo carico millenario di ricchezze e vicissitudini.

§ 3 - Poteri della Chiesa, limiti dei suoi ministri, atteggiamento dei fedeli

La crisi vissuta nella Chiesa dal Vaticano II in poi ha motivato le ben note deplorazioni dei Papi, delusi dai risultati che tutti si attendevano da un Concilio inaugurato all'insegna del più legittimo ottimismo(1). Non sono mancate le reazioni, e passerà certo alla storia l'impennata di mons. R. Lefebvre nei suoi rapporti con la S. Sede: essa ha nutrito una polemica che spesso ha superato certi limiti. L'innegabile zelo del vescovo francese purtroppo non ha favorito un ritorno all'ortodossia di teologi scapigliati, e sembra che abbia anche provocato un loro irrigidimento su posizioni incompatibili con la «sana traditio» e il Magistero. Ora, ciò che dopo la «scomunica» del Lefebvre si è tentato di spiegare in difesa del suo contegno è la discutibile distinzione tra la «persona» e la «funzione» del Papa, tra «l'unità della fede» e «l'unità della comunione». Essa, in situazioni definite «straordinarie» - come appunto l'attuale - autorizzerebbe a sottrarsi alla Gerarchia, a resistere alle disposizioni del Papa.
Tutto ciò suggerisce di riprendere e precisare alcune idee per integrare la precedente trattazione sulla «persona» e i «poteri» del Pontefice.

domenica 18 maggio 2014

Francescani dell’Immacolata: la (nuova) Curia Generalizia senza carità e misericordia verso i Confratelli

Il testo che segue è ripreso da Messa in Latino. Diventa lungo, ma il titolo va completato:
Francescani dell’Immacolata: la (nuova) Curia Generalizia senza carità e misericordia verso i Confratelli, della cui 'diaspora' è responsabile.
Peccato che, nella conclusione non si tenga conto che il provvedimento è stato avallato proprio dal papa, il quale finora è apparso indifferente a qualunque supplica o richiesta di attenzione e cura pastorale, soprattutto da parte dei fedeli coinvolti anche in altre - peraltro arbitrarie e non motivate - abolizioni del Rito antico, senza alcun rispetto della sensibilità spirituale tradizionale, che non è una moda, ma un sensus fidei inalienabile, che sarà il Signore ad aiutarci a custodire.

La Curia Generalizia dei Francescani dell’Immacolata ha risposto ad un articolo apparso sul noto sito Rorate Coeli (QUI).

Il sito anglofono  aveva infatti scritto che “che un considerevole numero di frati FI - forse 100-150 – avrebbero presentato una petizione alla Curia romana per essere scardinati dall’ordine, di diritto pontificio, (rinunciando al diritto pontificio) per preferire la soluzione di comunità posta sotto la giurisdizione canonica dei vescovi diocesani”.

La Rev.ma Curia Generalizia dei Francescani dell’Immacolata, confermando l'uscita dall'Ordine dei Frati e dei Seminaristi, anche se, secondo loro, in numero minore, ha replicato dal sito ufficiale dell’Ordine (QUI) all'articolo di Rorate Coeli adoperando un linguaggio pesantemente sprezzante e discriminante che ignora totalmente il continuo “inno alla misericordia e alla carità” che il Santo Padre Francesco quotidianamente raccomanda ai Consacrati e ai fedeli poiché “la misericordia divina è una grande luce di amore e di tenerezza, è la carezza di Dio”.
Scrive la Rev.ma Curia Generalizia dei Francescani dell'Immacolata:

Che parli il Papa! Tuoni per salvare Meriem dal boia!

Dal sito di Antonio Socci, Lo Straniero. Qui la notizia, con aggiornamenti, su Avvenire.

Meditiamo su questa testimonianza eroica, soprattutto quei prelati pronti a svendere Gesù per avere un applauso dai giornaloni laicisti. 
La giovane mamma sudanese Meriem sarà impiccata perché si è rifiutata di rinnegare Gesù Cristo e di convertirsi all’Islam. Sarà salvata da quella tragica sorte solo se la pressione internazionale si farà insostenibile per la crudele tirannia di Karthoum. 

Al momento resta infatti valida la condanna a morte già decretata e non c’è nessuna vera garanzia che il verdetto possa essere rivisto, come qualcuno frettolosamente ha affermato.

Non si può credere infatti a quello che fa trapelare il regime col solo scopo di allentare la pressione internazionale: basti pensare che qualche anno fa la Corte Suprema sudanese stabilì che per gli apostati, che avevano abbandonato la pratica religiosa islamica, convertendosi al cristianesimo, era costituzionale addirittura la crocifissione.

Pio XII. Il suicidio di alterare la fede nella sua liturgia...

Sono preoccupato per il messaggio che ha dato la Beata Vergine a Lucia di Fatima. Questo insistere da parte di Maria, sui pericoli che minacciano la Chiesa, è un avvertimento divino contro il suicidio di alterare la Fede, nella Sua liturgia, la Sua teologia e la Sua anima. … Sento tutto intorno a me questi innovatori che desiderano smantellare la Sacra Cappella, distruggere la fiamma universale della Chiesa, rigettare i suoi ornamenti e farla sentire in colpa per il suo passato storico. … Verrà un giorno in cui il mondo civilizzato negherà il proprio Dio, quando la Chiesa dubiterà come dubitò Pietro. Sarà allora tentata a credere che l’uomo sia diventato Dio ... Nelle nostre chiese, i Cristiani cercheranno invano la lampada rossa dove Dio li aspetta. Come Maria Maddalena, in lacrime dinanzi alla tomba vuota, si chiederanno: “Dove Lo hanno portato?”
(Citazione da: Pius XII Devant L'Histoire, Editions du Jour/Robert Laffont (1972), pp. 52, 53.)

sabato 17 maggio 2014

Eccellenza, non giudichi il volto di chi prega in favore della vita.

Eccellenza , «Non è giusto che noi lasciamo da parte la Parola di Dio per servire alla mensa... Noi invece ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola». Così sta scritto! (At 6, 1-6) - Preghiamo giorno e notte per gli unti del Signore.
Le parole di Mons. Galantino che ha affermato: «...In passato ci siamo concentrati esclusivamente sul no all’aborto e all’eutanasia. Non può essere così, in mezzo c’è l’esistenza che si sviluppa. Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle cliniche, che praticano l’interruzione della gravidanza, ma con quei giovani che sono contrari a questa pratica e lottano per la qualità delle persone, per il loro diritto alla salute, al lavoro» [qui] hanno suscitato molte reazioni. Abbiamo detto la nostra nel corso di una precedente discussione. Riporto brevemente un mio commento:
Mi chiedo in base a quale logica mons. Galantino possa escludere che nel cuore e nelle azioni di quelle persone impegnate a manifestare con la preghiera, che lui vede riduttivamente solo come "visi inespressivi" (un simil-bergoglismo pari a quello dei "peperoncini sottaceto"), non ci sia anche l'aiuto concreto per il prossimo.
>Come se la preghiera e l'impegno sociale fossero due cose alternative...
>E come se la vera capacità di lottare per la salute e il lavoro non venisse da un'interiorità e da una volontà animate dalla fede. Altrimenti sta parlando di semplice umanitarismo, non del vero umanesimo cristiano, cioè di cristianesimo.
>Come può un uomo di chiesa, sottovalutare la forza della preghiera, e anche del rosario? E non cogliere il significato dato a quelle manifestazioni? E addirittura esercitare la violenza di irridere chi vi partecipa, con la nuova arroganza clericale che usa misericordia con i lontani e disprezza e bastona i vicini?
Siamo arrivati al punto che, se dovessimo scrivere un articolo per ogni esternazione delle Gerarchie e dello stesso Bergoglio - che rischiano di sommergerci anche perché amplificate dallo tsunami mediatico - entreremmo in un circuito demenziale. Ma val la pena riportare la lettera che segue ripresa da La nuova bussola quotidiana:

venerdì 16 maggio 2014

New York. Holy Innocents' a rischio di chiusura

Preservare il passato prepara il futuro

Un'altra brutta notizia sul fronte ecclesiale. A causa di un progetto di riassetto amministrativo-finanziario dell’Arcidiocesi di New York sarebbero a rischio di chiusura alcune parrocchie della Città [qui] e, tra queste, Holy Innocents’, costruita in stile neogotico a fine Ottocento.
Situata a Manhattan, è stata la parrocchia dei migranti e, poi, dei dipendenti dei giornali, delle banche e dei teatri. Oggi è sede dei Cavalieri di Colombo ed è in prima fila nella difesa della cultura della vita: custodisce un sacrario dedicato ai bambini non nati, i Santi Innocenti di oggi, garantisce la celebrazione della Santa Messa antiquior,  vi si venerano il cosiddetto Return Crucifix (il crocifisso più adorato di tutta la Grande Mela) e la prima icona della Madonna del Perpetuo Soccorso venerata a New York.

Riprendo l'appello [qui] a dare una firma, per salvare Holy Innocents’: per salvare un luogo storico, certo; per salvare un oasi di pace diversa dal frastuono e dal caos di Manhattan, sicuro; per salvare un baluardo della lotta contro l’aborto, l’eutanasia, la distruzione del matrimonio, senza alcun dubbio; ma, prima di tutto, per salvare un luogo in cui si celebra il Santo Sacrificio della Messa, l’unico atto di culto gradito a Dio e da Lui richiesto e apportatore di salvezza!

Qui si può firmare per sostenere il mantenimento di Holy Innocents’

Qui, invece, si può trovare l’indirizzo email dell’Ufficio Stampa e Comunicazioni dell’Arcidiocesi di New York.

A lato una foto recente del card. Dolan
(era un papabile)
Qui : esorta i musulmani a non perdere la loro fede...